Lo stile di vita incide sulla salute del nostro fegato?

Sino agli anni Novanta del secolo scorso, la causa principale di epatite era di origine infettiva, legata principalmente al consumo di droghe iniettive con scambio di aghi, ai rapporti sessuali non protetti e in passato anche alla storia di emotrasfusioni quando ancora non si conoscevano i virus di epatite B e C.

Al giorno d’oggi, esiste la vaccinazione per l’epatite B e viene fatta molta campagna di prevenzione per limitare il contagio da epatite C, per la quale ancora non esiste un vaccino e la terapia è spesso molto lunga, costosa e non sempre completamente efficace nel debellare la malattia. Al contempo, sono emerse delle forme di danno epatico non relate alla presenza di una infezione virale nell’organismo ospite, quanto piuttosto relate a uno stile di vita sempre più “occidentalizzato”, nell’accezione più negativa del termine.

In particolare, vale la pena citare all’interno del nostro blog la causa tossico-dismetabolica collegata all’assunzione cronica di etanolo e la sempre più frequente NAFLD (non-alcoholic fatty liver disease), oggi più correttamente inquadrata come MASLD, vale a dire Metabolic dysfunction-associated steatotic liver disease, ossia un danno epatico indotto da disfunzioni metaboliche che conducono alla steatosi epatica. Tra le cause di questa condizione, la sedentarietà, l’eccesso ponderale e l’alimentazione sregolata che caratterizzano sempre più lo stile di vita sin dalla più tenera età.

La steatosi epatica è una condizione pre-patologica, caratterizzata in termini “poveri” dalla presenza di grasso interposto tra le cellule epatiche, che conferisce al fegato un incremento volumetrico (a cui non corrisponde un incremento della funzionalità!) e un aspetto ecografico “lucido”, con il fegato che appare ingrandito e dai margini arrotondati, reperto strumentale con il quale sovente i pazienti si presentano all’attenzione del nutrizionista e del medico internista.

Tale condizione, se protratta e non corretta, può condurre a una severa alterazione della funzionalità epatica, segnalata dapprima con la sola variazione degli indici di epatocitonecrosi (la transaminasi, ALT e AST) e successivamente anche degli indici di colestasi come le gammaGT e la fosfatasi alcalina e la bilirubina totale/diretta, con allungamento dei tempi di coagulazione. Nei casi più severi, tale disfunzione conduce a cirrosi epatica con una progressiva insufficienza epatica con risentimento dell’intero organismo e, nelle situazioni più estreme, necessità di un trapianto epatico per garantire la sopravvivenza.

I pazienti con MAFLD, inoltre, sono a incrementato rischio cardiovascolare, presentando spesso ipertensione, alterato metabolismo glicemico e dislipidemia.

Per prevenire tali danni, la terapia di scelta è in primis il calo ponderale con controllo del peso, da ottenersi anzitutto con modifiche consistenti dello stile di vita, dall’intraprendere una costante attività fisica di tipo aerobico o misto, alla cessazione del fumo, oltre a una dieta ipocalorica e ipolipidemizzante (a ridotto contenuto di grassi) che è la prima misura consigliata. Un calo di almeno il 5% del peso di partenza in soggetti sovrappeso o obesi si dimostra efficace nel migliorare in maniera statisticamente significativa i valori di laboratorio relativi alla funzionalità epatica e riduce il rischio di evoluzione in cirrosi. Anche la prescrizione di farmaci (vedi i nuovi farmaci per via iniettiva sottocutanea originariamente indicati per il solo controllo glicemico nelle forme di diabete tipo II) o chirurgica (chirurgia bariatrica) possono essere scelte terapeutiche a disposizione nel trattamento di questa condizione.

Come per altre patologie “moderne”, il primo step comunque deve sempre identificarsi nella educazione comportamentale e alimentare e nella prevenzione, preferibilmente con il supporto di specialisti.

Dr.ssa Valentina Fagotto

Fonti:

Rinella ME, Neuschwander-Tetri BA, Siddiqui MS, et al. AASLD Practice Guidance on the clinical assessment and management of nonalcoholic fatty liver disease. Hepatology 2023; 77:1797.

Vilar-Gomez E, Martinez-Perez Y, Calzadilla-Bertot L, et al. Weight Loss Through Lifestyle Modification Significantly Reduces Features of Nonalcoholic Steatohepatitis. Gastroenterology 2015; 149:367.