Il ruolo dei nutraceutici e degli integratori nella salute del nostro intestino – Serve davvero integrare?

Al giorno d’oggi, tramite media e social, siamo costantemente circondati da spot e pubblicizzazioni di prodotti naturali o di sintesi promossi come miglioratori della salute del nostro intestino; spopolano i cosiddetti probiotici e chi di noi non ha a casa una scatola di “fermenti lattici”?

Forse è meglio fare un piccolo passo indietro e darci alcune definizioni precise. Anzitutto, con probiotici intendiamo microrganismi vivi in grado di esercitare funzioni benefiche per l’organismo, resistenti ad acidi grassi e bile e in grado di colonizzare l’intestino, mentre con il termine prebiotici ci riferiamo a substrati non digeribili di origine alimentare non vitali che fungono da nutrienti e attivatori per i microrganismi benefici residenti in un determinato distretto corporeo. I nutraceutici, invece, per la legislazione italiana appartengono alla categoria degli integratori e includono le categorie citate (prebiotici, probiotici, simbiotici, postbiotici, ma anche fibre alimentari, acidi grassi, vitamine, polifenoli…).
Mancano precise linee guida ministeriali in merito. Ciò ha portato a un mare magnum di preparazioni, non soggette ad adeguati controlli con possibili problemi nell’impiego a lungo termine e per le interazioni con farmaci, poco vigilate.

Veniamo ai possibili effetti benefici di queste molecole: si va dal miglioramento della cenestesi (percezione del proprio stato di salute) dato dai polifenoli contenuti in frutti rossi e cacao, al loro ruolo nella prevenzione cardiovascolare, all’azione antinfiammatoria della curcuma, al ruolo vasodilatante degli omega3 dell’acido alfa linolenico in particolare.

Sicuramente ci sono evidenze scientifiche a favore dell’impiego di lattobacilli e bifidobatteri (quelli del famoso yogurt arricchito e pubblicizzato) nel trattamento della diarrea causata da antibiotici e nella terapia per l’infezione da Helicobacter pylori. I bifidobatteri appaiono anche utili nella remissione della rettocolite ulcerosa (non vale per il Crohn purtroppo). Questi stessi batteri si dimostrano efficaci nel miglioramento dei sintomi nella sindrome del colon irritabile.

Mancano invece dati scientifici a supporto dell’impiego di queste sostanze nella prevenzione della diarrea da viaggiatore (nonostante la grande pubblicizzazione di prodotti a questo scopo).

Logicamente sarà necessario un numero maggiore di studi su larga scala per poter scoprire gli effetti, benefici e non, sul lungo periodo nella popolazione generale. Per adesso, è sempre bene informarsi prima di acquistare questi prodotti, perché abbiamo visto che talvolta possono essere anche inefficaci, se non dannosi.

Dr.ssa Valentina Fagotto

Fonti:
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