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Dieta vegetariana: la motivazione conta

Le diete vegetariane portano senza dubbio a numerosi e documentati  benefici per la salute. Tuttavia, non è ancora stato chiarito se il vegetarianismo sia psicologicamente sano nelle persone affette da o a rischio di disturbi alimentari.

Esistono, infatti, dati che dimostrano tassi più elevati di vegetarianismo in gruppi di donne in trattamento per un disturbo alimentare diagnosticato rispetto a gruppi di controllo.

Tuttavia, la letteratura scientifica al riguardo risulta decisamente contrastante.

Da una parte c’è la percezione che il vegetarianismo possa agire come una “copertura” socialmente accettabile per una restrizione alimentare.

Dall’altra, molti ricercatori e clinici sottolineano il ruolo centrale di regole alimentari rigide nel mantenimento dei sintomi del disturbo alimentare. In questa ottica qualsiasi tentativo di limitare l’assunzione di cibo potrebbe predisporre all’insorgenza di un disturbo alimentare, anche se la restrizione iniziale non è motivata da problemi di peso.

È importante sottolineare, tuttavia, che la letteratura scientifica a supporto di queste tesi non ha dato risultati univoci ed è spesso limitata da numerosi bias.

Non vi sono, ad esempio, dati longitudinali che mostrino la relazione temporale tra l’inizio del vegetarianismo e l’insorgenza di un disturbo alimentare.

Vi sono, però, almeno due studi sperimentali sulla perdita di peso che hanno esaminato il ruolo della restrizione calorica in relazione al vegetarianismo randomizzando i partecipanti con sovrappeso o obesità a diete ipocaloriche vegetariane e non vegetariane. In entrambi gli studi, nel corso dell’intervento si osservarono aumenti comparabili della restrizione calorica tra gruppi vegetariani e non. Questi risultati suggeriscono che la motivazione della perdita di peso e il ridotto apporto calorico, non il vegetarianismo di per sé, si associano a restrizione calorica cognitiva e possibile rischio di sviluppare un disturbo alimentare in individui con BMI superiore a 30 Kg/m2.

Un articolo pubblicato nel 2020 su International Journal of Eating Disorders ha approfondito gli aspetti legati alla motivazione per la quale si adotta una dieta vegetariana.

Analizzando i dati di un campione nazionale di 9900 studenti universitari, lo studio ha esaminato la sintomatologia dei Disturbi Alimentari in tre gruppi:

  1. Vegetariani la cui principale motivazione era il controllo del peso corporeo;
  2. Vegetariani con motivazioni etiche, ambientali, ecc….escludendo la motivazione del controllo del peso corporeo;
  3. Non vegetariani.

I risultati di tale studio suggeriscono che i vegetariani la cui principale motivazione è il controllo del peso corporeo, riportano livelli più elevati di sintomi da disturbo alimentare rispetto ad altri vegetariani.

Sebbene questo studio non sia stato condotto in un campione clinico, i risultati sottolineano l’importanza di investigare le motivazioni che hanno condotto all’adozione di una dieta vegetariana anche in contesti clinici di valutazione di individui con sospetta diagnosi di disturbo alimentare che si identificano come vegetariani.

 

Dr.ssa Maria Luisa Fonte

Medico Specialista in Scienza dell’Alimentazione