Il comportamento alimentare umano può essere definito come il modo in cui una persona si alimenta. È un fenomeno molto complesso che inizia a fissarsi ancor prima della nascita (vita intrauterina), durante i primi anni di vita e costituisce una “impronta” tremendamente radicata nella storia personale e comunitaria che si mantiene per tutta la vita. Le esperienze, specialmente quelle vissute in età infantile, determinano se il comportamento deve essere mantenuto, aumentato o diminuito.
FATTORI DETERMINANTI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Il comportamento alimentare condiziona l’alimentazione dell’individuo, che a sua volta può contribuire allo sviluppo di malattie legate all’alimentazione nel corso della vita, come ad esempio l’obesità. A causa della complessità e della scarsa importanza che gli esseri umani hanno attribuito alla propria alimentazione e alla propria dieta, questo tema ha acquisito importanza globale nel campo della salute pubblica.
Il comportamento alimentare coinvolge molte variabili nella sua costruzione e sviluppo. È infatti influenzato da molteplici fattori, tra cui spiccano:
- Determinanti precoci durante i cosiddetti primi “1000 giorni” di vita (le abitudini alimentari materne, il tipo di allattamento, le prime fasi dell’alimentazione complementare rappresentano momenti particolarmente sensibili per lo sviluppo dei primi comportamenti alimentari). Molti sono gli studi che confermano che dall’utero si ottengono informazioni e esperienze che formano i primi gusti del futuro nascituro, un processo che prosegue durante l’allattamento insieme alla scoperta degli odori, e culmina con l’alimentazione complementare (De Cosmi et al., 2017). Esistono prove che i nutrienti a cui è esposto il feto contribuiscono in parte alla “programmazione” delle sue preferenze alimentari (Ong et al., 2012). È stato anche descritto come il profilo dei macronutrienti della dieta della madre durante la gravidanza influenzi l’appetito della prole durante l’infanzia. Allo stesso modo, il profilo lipidico materno è stato associato al comportamento alimentare della prole e all’apporto energetico (Dieberger et al., 2018). Allo stesso modo, è stato osservato che l’esposizione a determinati sapori attraverso il liquido amniotico ne aumenta l’accettazione dopo la nascita;
- Determinanti biologici (fame/sazietà, fattori genetici, bisogni fisiologici particolari dovuti alla fase di crescita, gravidanza o allattamento);
- Determinanti psicologici (gusto, emozioni, esperienze legate al cibo);
- Determinanti socioeconomici (livello socioeconomico familiare, stili genitoriali);
- Determinanti ambientali (disponibilità di cibo in base alla regione geografica, al clima e alla stagione dell’anno; disponibilità di alimenti ad alto contenuto calorico e basso valore nutritivo, messaggi pubblicitari);
- Determinanti culturali (riti e tradizioni culturali che coinvolgono il cibo) e antropologici;
- Determinanti di genere
IL GENERE INFLUENZA IL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Sebbene la maggior parte degli studi condotti sull’obesità infantile si concentrino ancora principalmente su fattori biologici e legati allo stile di vita, è importante considerare anche gli aspetti legati al comportamento alimentare nell’eziologia e nello sviluppo di questa malattia.
I fattori genetici non sembrano essere tra i principali fattori che determinano il comportamento alimentare e le sue conseguenze. Ad esempio, la maggior parte dei bambini obesi non ha un’unica causa genetica o endocrina associabile all’aumento di peso (Kumar e Kelly, 2017). Sebbene infatti esistano studi scientifici che hanno descritto l’esistenza di un dimorfismo sessuale che influenza lo sviluppo neurale e l’elaborazione delle informazioni relative al cibo (Keller et al., 2019), tuttavia, è molto probabile che molti di questi modelli emergano durante l’infanzia a causa di pratiche genitoriali differenziali in relazione all’educazione di bambini e bambine e di influenze sociali o ideali estetici sociali differenziali, e sarebbero pertanto più legati alle differenze di genere che al sesso biologico.
IL GENERE E L’ADERENZA ALLA DIETA MEDITERRANEA
L’adesione alla Dieta mediterranea è emersa come un fattore chiave nella gestione del rischio cardiovascolare nell’obesità. Uno studio recente, pubblicato sul Journal of Translational Medicine, getta nuova luce sulle differenze di genere nell’aderenza alla Dieta Mediterranea e su come queste differenze nel comportamento alimentare di uomini e donne possa avere un impatto sul rischio cardiovascolare nell’obesità.
Lo studio osservazionale trasversale ha coinvolto 968 donne e 680 uomini, valutando stili di vita, parametri antropometrici e la loro aderenza alla Dieta mediterranea. I risultati hanno mostrato che le donne avevano un’adesione significativamente più elevata alla Dieta mediterranea e livelli più bassi di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP) e un rischio cardiovascolare inferiore rispetto agli uomini. Le donne tendevano anche a consumare maggiormente verdure, frutta, legumi, pesce e noci, mentre gli uomini preferivano carni rosse, bevande gassate e dolci commerciali.
Questo studio suggerisce la necessitá che i professionisti della salute tengano conto le preferenze alimentari legate al genere nell’elaborare di piani nutrizionali per la gestione dell’obesità, dato che un approccio più personalizzato nella prescrizione dietetica potrebbe migliorare i risultati della salute cardiovascolare.
L’aderenza a una dieta ricca di verdure, frutta e pesce può essere particolarmente vantaggiosa per le donne, mentre gli uomini potrebbero beneficiare di una riduzione nell’assunzione di carni rosse e alimenti processati o ultraprocessati.
Allo stesso modo, lo studio sottolinea l’importanza di educare entrambi i sessi sin dalla piú temprana etá sui benefici di un’alimentazione sana per prevenire malattie legate all’obesità e al rischio cardiovascolare.
Dott.ssa Sara Tulipani
Riferimento bibliografico
Barrea, L., Verde, L., Suárez, R. et al. Sex-differences in Mediterranean diet: a key piece to explain sex-related cardiovascular risk in obesity? A cross-sectional study. J Transl Med 22, 44 (2024). https://doi.org/10.1186/s12967-023-04814-z