La pandemia da Coronavirus (COVID-19) ha influenzato il nostro stile di vita, modificando non solo i ritmi lavorativi ma anche l’attività fisica e l’alimentazione.
Nutrients ha pubblicato il paper che analizza i risultati del questionario online su lockdown e stile di vita proposto dal gruppo di ricerca del Laboratorio di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Università di Pavia, coordinato dalla Prof.ssa Hellas Cena.
Il questionario online era costituito da 38 domande a scelta multipla.
I ricercatori hanno raccolto informazioni per indagare i cambiamenti sperimentati durante la “Fase 1” di confinamento domiciliare, chiedendo di di descrivere le abitudini di vita e comportamenti alimentari, prima della “Fase 1” e durante la “Fase 1” (8 marzo-4 maggio 2020, T1).
Il Laboratorio di Dietetica e Nutrizione Clinica ha lanciato il sondaggio il 30 aprile 2020, tramite WhatsApp e le reti sociali. Hanno potuto partecipare tutti gli adulti di età superiore ai 18 anni residenti in Italia. La raccolta dei dati è terminata il 10 maggio 2020.
Il paper pubblicato su Nutrients ha analizzato i 1304 questionari ricevuti.
I cambiamenti dello stile di vita son stati suddivisi in tre classi sulla base delle Linee Guida Nazionali di riferimento: cambiamenti negativi, nessun cambiamento, cambiamenti positivi.
I gruppi che hanno sperimentato cambiamenti negativi nello stile di vita e quelli che hanno sperimentato i positivi hanno riportato rispettivamente un aumento e una diminuzione del Body Mass Index (BMI). Il gruppo che che non ha subito cambiamenti nello stile di vita non ha riportato modifiche significative del BMI.
Considerando l’intero campione, è importante sottolineare che circa un terzo della popolazione esaminata ha peggiorato i propri comportamenti di stile di vita.
Lo studio ha evidenziato che, mentre alcuni hanno approfittato del confinamento domestico per aumentare l’attività fisica, molte persone hanno interrotto o ridotto le attività sportive e ricreative anche a causa della chiusura di palestre e piscine.
Il consumo di “comfort food”, inclusi dessert o dolci a pranzo, risultava positivamente associato all’aumento del BMI, suggerendo che il lockdown ha indotto le persone a dedicare più tempo alla pianificazione dei pasti, alla cottura di cibi gustosi e dolci fatti in casa.
E’ stata sottolineata, inoltre, un’associazione positiva tra BMI e “craving e spuntini fuori pasto” a causa di stress, ansia e tempo trascorso davanti agli schermi, in coerenza con quanto riportato da altri Autori.
Il questionario ha evidenziato che il 16,4% del campione ha aumentato il proprio consumo abituale di alcol, soprattutto nelle persone che avevano già un consumo elevato.
E’ noto che eventi stressanti, come il confinamento domestico durante la pandemia, possono indurre a un maggiore consumo di bevande alcoliche, promuovendo un bilancio energetico positivo e contribuendo all’aumento di peso.
L’isolamento associato all’abuso di alcol possono anche incrementare il rischio di autolesionismo, suicidio e violenza, in particolare la violenza domestica contro le donne.
E’ evidente, quindi, la necessità di condurre campagne di sensibilizzazione sui rischi legati all’abuso alcol durante l’isolamento e fornire interventi per proteggere i soggetti più vulnerabili.
Lo studio ha mostrato che durante la “Fase 1” di confinamento domiciliare si sono verificati diversi cambiamenti nelle abitudini di vita e nei comportamenti alimentari, con differenze individuali.
I risultati suggeriscono che, sebbene la maggior parte delle persone mostri una buona capacità di recupero, gran parte della comunità è ancora a rischio e predisposta ad acquisire comportamenti di stile di vita potenzialmente dannosi per la loro salute, indipendentemente dal peso corporeo iniziale.
Gli Autori sottolineano, inoltre, la necessità di incrementare e adattare le strategie messe in atto dai Governi al fine di ridurre la vulnerabilità sociale a lungo termine.
Questa non sarà con probabilità l’ultima pandemia che dovremo affrontare: dobbiamo, quindi, rafforzare la resilienza nella nostra popolazione e la nutrizione è un fattore chiave.
Gli interventi di Sanità Pubblica dovrebbero considerare la necessità di ridurre i livelli di disuguaglianza e proteggere le persone da ulteriori minacce per la salute e malattie.
Infine, è bene ricordare che sono necessari ulteriori studi per capire se e in quale misura i cambiamenti rilevati sono regrediti, o rimasti stabili, e per determinare il loro impatto a lungo termine sulla salute.
Dr.ssa Maria Luisa Fonte
Medico Chirurgo Specialista in Scienza dell’Alimentazione