Paleodieta a lungo termine ed impatto sulla salute

La dieta Paleolitica, promossa in tutto il mondo per migliorare la salute dell’intestino, consiglia di consumare carne magra, pesce, verdure, frutta e bacche ed evitare l’assunzione di cereali, legumi, latticini, alimenti trasformati, zuccheri aggiunti e sale, ritornando appunto, come si può evincere dal nome, ad un’alimentazione primitiva in cui si mangiava quello che c’era a disposizione in natura.

Un recente studio, che esamina l’impatto della dieta paleo sui batteri intestinali, è stato condotto da un gruppo di ricercatori australiani guidato dalla dott.ssa Angela Genoni. Proprio in relazione alla crescente popolarità della dieta, come dichiarato, hanno ritenuto importante capire l’impatto che avrebbe potuto avere questa dieta a lungo termine sulla salute generale.

Sono stati reclutati 44 soggetti che seguivano la dieta Paleolitica e 47 soggetti (controlli) che consumavano una dieta tipica secondo le raccomandazioni nazionali australiane. I criteri di inclusione primaria per il gruppo dietetico paleolitico erano l’adesione al modello dietetico per un periodo maggiore a 1 anno e il consumo di non più di 1 porzione al giorno di cereali e latticini. Per l’inclusione nel gruppo di controllo, i partecipanti non dovevano aver apportato modifiche alla loro dieta nell’anno precedente e seguire una dieta relativamente sana che includeva cereali, legumi e prodotti lattiero-caseari. I criteri di inclusione specifici per entrambi i gruppi erano: uomini e donne di età compresa tra 18 e 70 anni; disponibilità a compilare un diario alimentare di 3 giorni (2 giorni settimanali ed 1 giorno di un weekend), fornire campioni di sangue, urine e feci; essere non fumatore, non partecipare ad altri studi e avere un indice di massa corporea <30 kg/m2. Sono stati esclusi i soggetti che avevano assunto antibiotici nei precedenti 6 mesi, avevano avuto un disturbo digestivo passato o presente, un intervento chirurgico sul tratto gastrointestinale, usato farmaci antiipertensivi o ipolipemizzanti, avevano avuto precedenti eventi cardiovascolari o diagnosi di patologie cardio-vascolari. È stata anche valutata l’attività fisica con la somministrazione dell’”International Physical Activity Questionnaire (IPAQ)”.

I partecipanti sono stati raggruppati secondo l’aderenza alla dieta paleolitica, cioè esclusione di cereali e prodotti caseari. Sono stati creati 2 gruppi ciascuno di 22 soggetti per la dieta Paleolitica: dieta Rigorosa paleolitica (RP) (consumo di meno di una porzione al giorno di cereali e prodotti caseari) e pseudo paleolitico (PP) (consumo maggiore di una porzione al giorno di cereali o prodotti caseari).

Il preciso obiettivo dello studio è stato di determinare l’associazione tra assunzione alimentare, markers di salute del colon, microbiota e trimetilammina-N-ossido sierica (TMAO), un metabolita derivato dall’intestino associato a malattie cardiovascolari.

I risultati hanno evidenziato che l’intake di amido resistente (frazione dell’amido che resiste ai processi digestivi del piccolo intestino ed arriva nel colon dove può fermentare) era più basso in entrambi i gruppi aderenti alle dieta paleolitica rispetto ai controlli. È stata evidenziata una differente composizione del microbiota con maggiore abbondanza di Hungatella (specie batterica che determina aumento della concentrazione di TMAO) nei gruppi RP e PP, a discapito di altre specie batteriche benefiche per la salute intestinale. I livelli sierici di TMAO erano più alti nei soggetti che seguivano la dieta Paleo in maniera rigorosa rispetto agli Pseudopaleo e ai casi controllo, ed erano inversamente associati all’assunzione di cereali. Inoltre i seguaci della dieta Paleo consumavano il doppio di grassi saturi.

Sebbene la Paleodieta sia promossa per migliorare la salute dell’intestino, i risultati indicano che l’adesione a lungo è associata a variazioni del microbiota intestinale e all’aumento del TMAO, con possibile impatto negativo in termini di salute del cuore. Per mantenere  l’intestino sano e la salute cardiovascolare potrebbe quindi essere necessaria una varietà di fibre, comprese quelle derivate da cereali integrali. Le popolazioni di specie batteriche benefiche erano più basse nei gruppi paleolitici: associate alla riduzione dell’assunzione di carboidrati, questo potrebbe avere conseguenze per altre malattie croniche a lungo termine. È noto come una diminuzione dell’abbondanza relativa di Bifidobacterium è stata associata alla sindrome dell’intestino irritabile, all’obesità e alle malattie infiammatorie intestinali. Inoltre, la dieta Paleo include un numero maggiore di porzioni al giorno di carne rossa, che fornisce i composti precursori per la produzione di TMAO e i followers della dieta Paleo hanno consumato il doppio del livello raccomandato di grassi saturi, motivo anche questo di preoccupazione. Quindi la TMAO era elevata sia per maggior apporto di carni rosse sia per la mancanza di assunzione di cereali integrali con conseguente modifica del microbioma intestinale. Con l’esclusione di tutti i cereali si vanno ad escludere anche gli integrali, importante fonte di amido resistente e molte altre fibre fermentabili che sono vitali per la salute del microbioma intestinale.

I dati trasversali raccolti suggeriscono che l’adesione a lungo termine alla dieta paleolitica potrebbe non essere benefica per la salute dell’intestino.

 

Elisabetta Marotti

Per approfondimenti:

https://link.springer.com/article/10.1007/s00394-019-02036-y

Angela Genoni, Claus T. Christophersen, Johnny Lo, Megan Coghlan, Mary C. Boyce, Anthony R. Bird, Philippa Lyons-Wall, Amanda Devine. Long-term Paleolithic diet is associated with lower resistant starch intake, different gut microbiota composition and increased serum TMAO concentrationsEuropean Journal of Nutrition, 2019; DOI: 10.1007/s00394-019-02036-y

https://www.ecu.edu.au/features/profiles/paleo-diet-linked-to-heart-disease-biomarker