La vitamina D (VITD) è una vitamina liposolubile, che viene sintetizzata dal nostro organismo in presenza di luce solare. Effettivamente si può considerare un vero e proprio neuro-ormone, con effetti pleoitropici. La sua carenza, infatti, non solo è collegata alla perdita di integrità del tessuto osseo, ma anche a malattie cardiovascolari, cancro, ictus, diabete, demenza, psicosi e di recente anche autismo. Purtroppo nei paesi sviluppati vi è un forte aumento di persone che presentano questa carenza. Gli anziani risultano essere maggiormente a rischio, a causa del fatto che hanno sia una ridotta sintesi cutanea e sia una minore assunzione.
Secondo le ultime scoperte, la VITD ha recettori diffusi nel tessuto cerebrale, e la forma biologicamente attiva (1,25 idrossivitamina D) ha effetti neuroprotettivi, intervenendo nella clearance delle placche amiloidi, che sono un segno distintivo di morbo di Alzheimer. Inoltre regola la biosintesi di neurotrasmettitori e di fattori neurotrofici, molto importanti nell’epoca embrionale e fetale.
Una meta-analisi condotta nel 2017 mostra l’ipotesi che concentrazioni di VITD inferiori a 25 nmol / l aumentino il rischio di demenza specialmente negli adulti e nei pazienti sopra i 65 anni. Uno studio condotto da Durk MR et al. sui topi indaga il ruolo del recettore della vitamina D3 nel ridurre i peptidi amiloidi-β (Aβ) solubili e insolubili cerebrali. Quindi questo recettore può essere un potente bersaglio terapeutico nella prevenzione e nel trattamento della malattia di Alzheimer. Inoltre, uno studio condotto da Annweiler et al. mostra che l’ipovitaminosi D è comunemente osservata negli adulti e nei pazienti di 65 anni che mostrano segni di demenza e compromissione delle capacità cognitive.
Diversi studi mostrano il legame tra VITD e depressione. Uno studio condotto nel 2015 mostra bassi livelli di serotonina nell’ippocampo in pazienti con depressione, carenti di vitamina D. Berridge ha condotto uno studio nel 2017 che ha evidenziato che la depressione è causata da uno squilibrio tra i percorsi eccitatori e inibitori nel cervello. L’ipotesi sostiene che la VITD riduce l’aumento dei livelli neuronali di calcio (CA +2), che possono determinare stati depressivi.
Nel 2014, Gezen-AK et al. ha condotto uno studio che dimostra che la VITD regola il rilascio del fattore di crescita nervoso (NGF), una molecola essenziale per la sopravvivenza neuronale dei neuroni ippocampali e dei neuroni corticali. Kelly L ha condotto uno studio che ha dimostrato che l’insufficienza di vitamina D potrebbe riguardare livelli più elevati di ansia e depressione, a sua volta contribuendo all’elevato rischio di psicosi nei bambini.
All’inizio della vita, la vitamina D svolge un ruolo cardinale nello sviluppo neuronale. Nel maggio 2018, uno studio condotto da Yates et al. dimostra che la carenza di vitamina D nella madre e neI nei neonati determina alcune disabilità nella prima infanzia, compresi problemi di apprendimento, di memoria e comportamento. Ci sono anche evidenze, in situazioni di carenza, di aumento del volume laterale del ventricolo cerebrale e alterata espressione neurale di geni coinvolti nella sintesi di dopamina e glucocorticoidi. Nel marzo 2018, Freedman et al. ha effettuato una revisione sistematica dei nutrienti prenatali coinvolti nello sviluppo emotivo infantile e successivamente della malattia mentale. Il risultato mostra che la vitamina A e la vitamina D sono necessarie in gravidanza per ridurre il rischio di schizofrenia e altre malattie mentali nei bambini in questione.
Di Somma et al., in uno studio, mostrano che livelli ottimali di VITD nel sangue sono necessari per preservare lo sviluppo neurologico e proteggere il cervello. L’apporto dietetico corretto ed equilibrato in età adulta è un fattore protettivo per mantenere una buona capacità cognitiva durante l’invecchiamento. Uno studio recente mostra che la VITD aiuta a mantenere la funzione cognitiva negli anziani .
Nel mese di novembre 2017, Kesby JP ha condotto uno studio che mette in luce che la sua carenza porta a cambiamenti nei percorsi neuronali quali glutammina/serotonina e glutammina/noradrenalina. A causa del suo effetto sulla via della dopamina nel cerebrale, quindi, la vitamina D potrebbe essere un utile agente terapeutico da usare in combinazione con i trattamenti esistenti per il morbo di Parkinson.
Concludendo, la vitamina D è essenziale per mantenere importanti funzioni del corpo come l’omeostasi del calcio, il mantenimento dell’integrità dello scheletro e il neurosviluppo. La sua carenza è stata collegata a molti problemi come demenza, depressione, diabete mellito, autismo e schizofrenia. È importante sottolineare tutto questo poiché la correzione dello stato di insufficienza può aiutare a prevenire molte conseguenze negative sulla salute.
Dott.ssa Stefania De Chiara
Per approfondimenti:
-Orme RP, Middleditch C, Waite L, Fricker RA: The role of vitamin D3 in the development and neuroprotection of midbrain dopamine neurons. Vitam Horm. 2016, 100:273-97. 10.1016/bs.vh.2015.10.007
-Di Somma C, Scarano E, Barrea L, et al.: Vitamin D and neurological diseases: an endocrine view. Int J Mol Sci. 2017, 18:2482. 10.3390/ijms18112482
-Berridge MJ: Vitamin D and depression: cellular and regulatory mechanisms . Pharmacol Rev. 2017, 69:80-92. 10.1124/pr.116.013227