Il ruolo dello stato nutrizionale nel corretto funzionamento del sistema immunitario è ormai noto. Una dieta scorretta e povera di nutrienti conduce inevitabilmente ad una maggiore suscettibilità alle infezioni.
L’11 Marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che il focolaio internazionale di infezione da nuovo coronavirus SARS-CoV-2 deve essere considerato pandemia.
A partire dai primi mesi del 2020, COVID-19 ha dominato il mondo mediatico, medico e scientifico fino ad influenzare profondamente le nostre vite.
Fin dalle prime osservazioni scientifiche si è reso evidente che il diabete fosse la più comune comorbidità, dopo l’ipertensione, nei pazienti deceduti affetti da COVID-19.
Era già noto che la presenza di diabete e obesità influenzassero negativamente la risposta immunitaria di numerose infezioni virali, tra cui l’influenza.
Alcuni studi italiani e americani hanno ulteriormente evidenziato che l’obesità, dopo l’età anagrafica, correla con una maggiore gravità della malattia e con una mortalità più elevata rispetto a qualsiasi altra patologia cardiovascolare o polmonare.
Questi elementi hanno portato alcuni Autori ad interrogarsi rispetto ad un possibile legame tra stato nutrizionale e mortalità per COVID-19.
È altrettanto noto che soggetti affetti da obesità e/o diabete di tipo 2 vanno incontro a modifiche della risposta immunitaria adattativa.
Tali condizioni sono, infatti, caratterizzate da uno stato infiammatorio cronico e a basso grado, con una elevata concentrazione basale di molecole ad azione pro infiammatoria note come citochine.
Nei pazienti affetti da COVID-19, proprio queste molecole, in particolare la citochina IL-6, sono presenti a elevato dosaggio nel sangue, costituendo un fattore predittivo di esito fatale della malattia.
Gli studi finora pubblicati evidenziano che l’obesità aumenti il rischio di infezione da SARS-CoV-2 e lo sviluppo di complicanze.
Il ruolo dello stato nutrizionale emerge quindi come fondamentale: la prevenzione, la precoce identificazione e il trattamento di deficit nutrizionali sono molto importanti al fine di ridurre lo stato infiammatorio dei pazienti.
L’articolo sottolinea infatti che la principale e necessaria misura di contenimento della pandemia è stato il lockdown.
Tra gli effetti secondari di tale misura si elencano la maggiore sedentarietà, con netta riduzione dell’attività fisica svolta, la riduzione dei contatti sociali con aumento di stati di ansia e peggioramento della qualità del riposo notturno.
Questi effetti “minano” alla base i principi della dieta Mediterranea, influenzando negativamente lo stile di vita della popolazione e conseguentemente lo stato nutrizionale.
Alla luce di queste osservazioni, in ottica di prevenzione, sarebbe fondamentale promuovere e raccomandare l’adozione di una dieta a stampo Mediterraneo.
Un maggior consumo di cibi di origine vegetale, infatti, porta ad una maggiore assunzione di composti chiamati polifenoli e noti per la loro azione anti-infiammatoria.
In conclusione, nella prevenzione dell’infezione da nuovo coronavirus, è importante fornire adeguate indicazioni nutrizionali.
Bisogna assicurare da un lato una corretta assunzione di macro e micronutrienti, dall’altra un intake energetico adeguato al livello di attività fisica e alla correzione di sovrappeso e obesità.
Dr.ssa Maria Luisa Fonte
Medico Specialista in Scienza dell’Alimentazione