Deficit di Vitamina D nell’adulto: come gestirlo?

La carenza di vitamina D è molto comune e le prescrizioni sia del dosaggio ematico che dell’integrazione stanno aumentando sempre di più. La spesa sanitaria aumenta in modo esponenziale, quindi è opportuno stabilire delle regole. L’Associazione Italiana di Endocrinologi Clinici ha nominato una task force per rivedere la letteratura sulla carenza di vitamina D [25(OH)D] negli adulti; è stato prodotto un documento (Position statment) che ha l’obiettivo di aiutare i medici nella pratica clinica quotidiana.

La vitamina D3 (colecalciferolo) viene prodotta nella pelle dal 7-deidrocolesterolo mediante radiazioni ultraviolette, a livelli di esposizione alla luce solare che non inducono ustioni cutanee, e successivamente viene rimossa dopo il suo legame con la vitamina D-binding proteina (VDBP). Il fegato e altri tessuti corporei metabolizzano la vitamina D3 sintetizzata nella cute e la vitamina D2 (ergocalciferolo) ingerita per via orale nella 25-idrossi-vitamina D [25 (OH) D], la principale forma circolante, mediante l’attività della 25-idrossilasi; 25 (OH) D viene quindi ulteriormente metabolizzato nei reni a 1,25-diidrossivitamina D [1,25 (OH) 2D] dall’enzima CYP27B1 per regolare il metabolismo di calcio, fosfato e ossa.

Inoltre, un’ampia varietà di tessuti e cellule non calcemici, compresi i macrofagi, converte anche la 25 (OH) D in [1,25 (OH) 2D] allo scopo di regolare una varietà di funzioni biologiche in modo autocrino / paracrino; l’1,25 (OH) 2D è la principale forma ormonale di vitamina D ed è responsabile della maggior parte delle sue azioni biologiche. La produzione strettamente controllata di 1,25 (OH) 2D nei reni viene stimolata dall’ormone paratiroideo (PTH) ed è inibita dal calcio, fosfato e fattore di crescita dei fibroblasti (FGF) -23. I metaboliti della vitamina D sono trasportati nel sangue legati al VDBP e all’albumina, prodotti dal fegato, e solo una minoranza circola in forma libera. I recettori per 1,25 (OH) 2D (recettore della vitamina D, VDR) sono fattori di trascrizione ampiamente distribuiti che regolano l’espressione dei geni, che mediano la sua attività biologica. I classici tessuti bersaglio – osso, intestino e rene – sono coinvolti nell’omeostasi del calcio, principalmente attraverso la regolazione del trasporto transcellulare del calcio; 1,25 (OH) 2D stimola l’assorbimento del calcio nell’intestino e il riassorbimento del calcio nel tubulo distale del rene; 1,25 (OH) 2D regola sia la formazione che il riassorbimento osseo promuovendo la differenziazione degli osteoblasti e regolando la produzione di proteine ​​come il collagene, la fosfatasi alcalina (ALP), l’osteocalcina e il recettore attivatore del fattore nucleare Kappa B Ligand (RANKL) .

Nel Position Statement sono stati identificati quattro argomenti di particolare rilevanza sui quali sono state emesse raccomandazioni basate su prove scientifiche e sulla pratica clinica:

  • Definizione del cut-off per definire il deficit di vitamina D: la diagnosi di deficit di vitamina D è basata sulla determinazione della concentrazione plasmatica della vitamina D [25(OH)D]; al momento non c’è accordo sui “normali livelli”. Negli anni il cut-off è stato progressivamente aumentato da 12 a 20 ed ora fino a 30 ng/ml per le categorie a rischio. Attualmente c’è consenso che livelli inferiori a 20 ng/mL negli adulti sono associati a:

– iperparatiroidismo secondario, osteomalacia o osteoporosi;

– debolezza muscolare prossimale degli arti, atassia e aumento del rischio di cadute;

– aumentato rischio di fratture;

– effetto ostacolato dei farmaci usati per l’osteoporosi.

  • Chi va sottoposto allo screening? I soggetti che appartengono alle categorie a rischio (nei quali si raccomanda di mantenere i livelli di 25 (OH) D superiori a 30 ng / mL (75 nmol / L):

– Osteopenia, osteomalacia, osteoporosi,

– Osteoporosi in particolare se in trattamento con farmaci attivi sul metabolismo

osseo,

– Fratture da fragilità,

– Anziani con storia di cadute,

– Anziani con storia di fratture non traumatiche,

– Donne durante gravidanza e allattamento,

– Bambini e adulti obesi,

– Persone che non si espongono sufficientemente al sole,

– Sindrome da malassorbimento (congenita o acquisita) e chirurgia bariatrica,

– Insufficienza renale cronica,

– Insufficienza epatica,

– Fibrosi cistica,

– Iperparatiroidismo,

– Farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D (farmaci

anticonvulsivanti, glucocorticoidi, farmaci per  AIDS, antifunginei, colestiramina),

– Malattia granulomatosa cronica ed alcuni linfomi.

Lo screening non va eseguito sulle persone sane.

Si suggerisce inoltre di prendere in considerazione la misurazione del PTH nel siero quando i valori di vitamina D sono inferiori a 30 ng / mL (75 nmol / L), in particolare se i pazienti sono stati testati in estate e in autunno.

  • Chi e come trattare la carenza di vitamina D? Oltre ad uno stile di vita sano (per lo più esposizione al sole), è raccomandata l’assunzione orale di vitamina D (vitamina D2, ergocalciferolo o vitamina D3, calciferolo o calcifediolo) in pazienti trattati con farmaci ossei attivi e in quelli con carenza dimostrata. I dosaggi, le molecole e le modalità di somministrazione possono essere personalizzati su base individuale.

I programmi suggeriti per la supplementazione di vitamina D sono:

–   in caso di carenza e insufficienza: 50.000 UI una volta alla settimana per 8 settimane; in alternativa, una dose giornaliera di 5000 IU per 8 settimane;

–  per il mantenimento della sufficienza: 50.000 IU due volte al mese; in alternativa, una dose giornaliera di 2000 UI.

È suggerito un approccio personalizzato per la somministrazione di vitamina D, il quale  implica l’opinione del paziente sul programma (somministrazione giornaliera, settimanale o mensile) che può offrire la migliore aderenza.

Il calcifediolo (vitamina D3), che non necessita di attivazione da parte del fegato, è indicato in caso di:

  • Insufficienza epatica;
  • Anomalie congenite dell’enzima epossidico 25-idrossilasi;
  • Malassorbimento di colecalciferolo;
  • Obesità.

Si raccomanda di non usare l’1,25 (OH) 2D o alfa-calcidiolo (metabolita attivo) di routine, ma solo quando si trattano soggetti con:

  • Insufficenza renale cronica (IRC);
  • Ipoparatiroidismo.

Viene suggerito inoltre di utilizzare il colecalciferolo in aggiunta a 1,25 (OH) 2D, o alfa-calcidiolo, in pazienti con IRC o ipoparatiroidismo associati a carenza di vitamina D dimostrata.

  • Come monitorare l’efficacia del trattamento con la vitamina D? Non viene suggerito alcun monitoraggio di routine durante il trattamento con vitamina D a causa del suo ampio indice terapeutico. In condizioni particolari, la 25-idrossi-vitamina D può essere dosata dopo almeno un trattamento di 6 mesi.

Per approfondimenti:

  1. Cesareo et al. “Italian Association of Clinical Endocrinologists (AME) and Italian Chapter of the American Association of Clinical Endocrinologists (AACE) Position Statement: Clinical Management of Vitamin D Deficiency in Adults”

Nutrients 2018, 10(5), 546; doi:10.3390/nu10050546

https://www.mdpi.com/2072-6643/10/5/546/htm

Dr.ssa Elisabetta Marotti