Le patologie neurologiche sono frequentemente associate a disturbi della deglutizione e a malnutrizione. Inoltre, i pazienti affetti da questo tipo di patologie hanno un rischio aumentato di deficit di micronutrienti e di disidratazione.
D’altra parte, fattori nutrizionali potrebbero essere coinvolti nella patogenesi delle patologie neurologiche. Tra le cause dello sviluppo di malnutrizione nei pazienti neurologici troviamo: disfagia orofaringea, deficit percettivi, alterazione dello stato di coscienza, declino cognitivo e aumento dei fabbisogni. Sulla base di queste evidenze sono state pubblicate dall’ESPEN (European Society for Clinical Nutrition and Metabolism) le linee guida sulla terapia nutrizionale nei pazienti con patologie neurologiche, dove grande attenzione viene rivolta alla disfagia: il management della disfagia orofaringea, infatti, ha un ruolo centrale in quanto, oltre a minare la sicurezza respiratoria mettendo il paziente a rischio di aspirazione, impedisce anche una sufficiente nutrizione e idratazione. Le linee guida sono state redatte da un team multidisciplinare, offrono 88 raccomandazioni per la pratica clinica in pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), Malattia di Parkinson (MP), sclerosi multipla (SM) e stroke.
La disfagia orofaringea è il più frequente e potenzialmente fatale sintomo nelle patologie neurologiche. I disturbi della deglutizione si osservano almeno nel 50% dei pazienti con stroke ischemico o emorragico. Questi pazienti hanno un rischio 3 volte più alto di sviluppare precocemente una polmonite da aspirazione e la loro mortalità è significativamente più alta rispetto ai pazienti con stroke non disfagici. Dati simili, con circa il 60% di disfagia, sono stati pubblicati in paziente con traumi cranici severi: in questo caso la disfagia è dovuta alla prolungata respirazione artificiale e nutrizione artificiale. Nei pazienti con Parkinson la disfagia aumenta il rischio di polmonite, che è la più frequente causa di morte in questo gruppo di pazienti, inoltre porta ad una maggiore riduzione della qualità della vita a lungo termine, insufficiente intake di farmaci e severa malnutrizione. Nei pazienti con SM è presente in più di un terzo dei pazienti e aumenta il rischio di polmonite da aspirazione e di morte negli stadi più avanzati della patologia. I pazienti con SLA fino al 30% dei casi presentano disfagia alla diagnosi e tutti con il progredire della malattia. Nel 15% dei pazienti con miastenia gravis si riscontra disfagia e con il progredire della patologia si arriva al 50%, inoltre nel 50% dei casi una crisi miastenica è preceduta da disfagia. Nelle patologie infiammatorie del muscolo spesso è presente disfagia: circa il 20% nella dermatomiosite, il 30-60% nella polimiosite, mentre nella miosite da corpi inclusi si va dal 65 all’86%. Nelle terapie intensive, indipendentemente dalla patologia primitiva, il 70-80% dei pazienti che hanno richiesto una ventilazione meccanica prolungata, presenta problemi della deglutizione. Inoltre, al di là delle condizioni patologiche, l’aumentare dell’età è un fattore di rischio per disfagia orofaringea. Sopra gli 80 anni interessa il 33% della popolazione, in caso di istituzionalizzazione si arriva al 51% degli anziani e al 47% degli anziani fragili ospedalizzati per patologia acuta. Le conseguenze della disfagia negli anziani sono devastanti e includono polmonite ab ingestis, disidratazione e malnutrizione.
Vediamo ora nel dettaglio le raccomandazioni per SLA, MP e SM (le indicazioni per lo stroke verranno trattate separatamente in un post successivo).
SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA: è una complessa patologia neurodegenerativa causata dalla perdita progressiva di motoneuroni, che porta ad una progressiva atrofia della muscolatura scheletrica inclusa la muscolatura respiratoria. L’eziologia è multifattoriale. In questi pazienti la malnutrizione è comune e i fattori associati al rischio di malnutrizione sono:
- la degenerazione dei neuroni bulbari che porta a difficoltà nella masticazione, nella fase orale della deglutizione, nel tempo richiesto a consumare il pasto e disfagia;
- l’anoressia che è comune ed è dovuta a disagio psicologico, depressione e politerapia;
- la costipazione, che indirettamente può compromettere l’intake di cibo, dovuta a debolezza della muscolatura addominale e pelvica, limitazioni nell’attività fisica, la restrizione dell’introito di liquidi, e la scarsa assunzione di fibre con la dieta;
- aumentato fabbisogno energetico, nonostante la riduzione della massa magra, che questi pazienti possono avere per aumento del lavoro muscolare respiratorio, infezioni polmonari e altri fattori non ben stabiliti;
- disturbi cognitivi (presenti dal 20 al 50% dei casi), in particolare demenza frontotemporale. L’eventuale insufficienza respiratoria e la malnutrizione con disidratazione sono le principali cause di morte.
Al momento della diagnosi di SLA è raccomandata una valutazione completa dello stato nutrizionale incluso il calcolo dell’indice di massa corporea (body mass index, BMI), la perdita di peso nel tempo e l’assetto lipidico. L’analisi della composizione corporea può essere eseguita con DEXA o BIA con formula validata se disponibili. Durante il follow up lo stato nutrizionale va seguito nel tempo (ogni 3 mesi, BMI e monitoraggio calo ponderale) per un’individuazione precoce della malnutrizione e per attivazione di un piano di trattamento, in quanto lo stato nutrizionale è un fattore prognostico per la sopravvivenza di questi pazienti. Il fabbisogno energetico nei pazienti che non sono ventilati va stimato, se non è disponibile la calorimetria indiretta. Andrebbero stimate 30 kcal per kg di peso corporeo a seconda dell’attività fisica e tenendo conto delle variazioni di peso e dell’evoluzione della composizione corporea. La perdita di peso è dannosa per la sopravvivenza: se la nutrizione orale o enterale debba mirare a stabilizzare il peso o aumentarlo non è chiaro, dipende dallo stato nutrizionale e basale.
Si raccomanda aumento di peso nei pazienti con (BMI <25.0 kg/m2), stabilizzazione in quelli con BMI tra 25 e 35 kg/m2, e la perdita se BMI > 35 kg/m2 in modo da migliorare la mobilizzazione attiva e passiva. Ogni paziente con SLA va sottoposto a screening per la disfagia: vista l’alta prevalenza e visto l’impatto delle complicanze respiratorie e dello stato nutrizionale, generalmente va raccomandato ogni 3 mesi. Gli strumenti diagnostici sono gli stessi per le altre patologie neurologiche (questionari strutturati, water swallow tests e volumeviscosity swallow test); poi ci sono le tecniche strumentali (video fluoroscopia, VFSS, videofluoromanometria e valutazione con endoscopio flessibile, FEES) per permettere una individuazione precoce della disfagia nei pazienti con SLA. I pazienti che hanno fatica muscolare o impiegano molto tempo a consumare il pasto andrebbero invitati a frazionare i pasti ed arricchirli con nutrienti energetici o nutrienti specifici i in caso di deficit; se c’è perdita di peso andrebbero raccomandati supplementi nutrizionali orali. Se è presente disfagia di grado moderato vanno modificate e adattate le consistenze sia dei liquidi che dei solidi per rendere la deglutizione sicura ed evitare l’aspirazione, adottando inoltre un’adeguata postura ai pasti consumando il pasto con il capo flesso in avanti.
La supplementazione orale è indicata in tutti quei pazienti che non riescono a soddisfare i fabbisogni; non ci sono dati sufficienti per affermare che questo può aumentare la sopravvivenza. La nutrizione enterale (NE) può avere effetti positivi su alcuni aspetti della qualità della vita. I pro ed i contro vanno adeguatamente discussi con pazienti, familiari e caregivers quando viene proposta. Gli effetti sulla sopravvivenza della NE dipendono dalla presentazione della patologia e dal tasso di progressione, va raccomandata nei pazienti che con l’alimentazione per os non riescono a soddisfare i propri bisogni e per i quali si stima che malnutrizione e disidratazione potrebbero essere responsabili di riduzione della sopravvivenza. Quando è indicato fare la gastrostomia? Va discussa precocemente e rivalutata tenendo conto dell’evoluzione della disfagia, tempo di consumo del pasto, perdita di peso, rischio di soffocamento, peggioramento della funzione respiratoria e volontà dei pazienti affinché venga eseguita prima che ci sia una severa perdita di peso e severo deficit respiratorio. Vanno rispettati i desideri del paziente e vanno valutati con lui rischi e benefici; se posizionata precocemente espone a minori rischi di mortalità e complicanze procedurali. La nutrizione enterale è da preferire quando il paziente necessita di nutrizione artificiale; nei setting di acuzie si può utilizzare la nutrizione parenterale se la NE è controindicata o non realizzabile, ma alla dimissione a domicilio va valutata attentamente secondo rischio-beneficio. Ci sono poche evidenze circa il ruolo dell’attività fisica, sembra che comunque possa rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita.
Malattia di PARKINSON: patologia cronica, neurodegerativa progressiva dovuta a deplezione di dopamina a livello cerebrale. I sintomi principali sono: tremori, rigidità muscolare, bradicinesia ed instabilità posturale; altri sintomi che si possono presentare con la progressione della patologia sono disfagia, disartria, disturbi della motilità gastrointestinale, gastroparesi, astenia, depressione e declino cognitivo. La terapia farmacologica è essenziale per il controllo dei sintomi, mantenere la mobilità e sostituire o mimare la perdita di dopamina a livello cerebrale. Lo stato nutrizionale va monitorato routinariamente e regolarmente durante la storia naturale della malattia insieme all’assetto vitaminico. La malnutrizione in questi pazienti è infatti sottostimata; tra i fattori predittivi di malnutrizione troviamo: età avanzata alla diagnosi, dosi elevate di levodopa in relazione al peso corporeo, ansia, depressione e il vivere da soli. La disfagia di solito compare nelle fasi avanzate, sebbene talvolta si presenti nelle fasi iniziali. Alterazioni nella fase orofaringea o della motilità esogafea sono presenti nel 60 e 80% dei pazienti, ma possono essere asintomatici. Va fatta estrema attenzione alle variazioni di peso e ai fabbisogni di vitamina D, acido folico e vitamina B 12 che eventualmente vanno supplementati. Vanno screenati per la disfagia con questionari specifici o con lo water swallow test i pazienti con stadi di patologia maggiore di 2 secondo Hoehn & Yahr, perdita di peso, perdita di saliva dalla bocca, segni di disfagia, demenza; i pazienti che risultano positivi allo screening o che hanno una rapida progressione della patologia, polmonite o altri segni di disfagia vanno sottoposti ad esami strumentali per la valutazione della disfagia, preferibilmente la FEES, e se non disponibile la VFSS. L’ottimizzazione della terapia antiparkinsoniana andrebbe consigliata per migliorare i sintomi motori che contribuiscono alla disfagia nei parkinsoniani. Gli effetti collaterali della terapia per il Parkinson potrebbero influenzare lo stato nutrizionale, quindi si raccomanda di monitorare gli effetti avversi dei farmaci e lo stato nutrizionale su base individuale. Particolare attenzione va rivolta ai livelli di omocisteina e ai livelli di vitamina B12 in relazione all’assunzione di levodopa. I pazienti con disfagia, dopo valutazione multidimensionale della funzione deglutitoria, vanno avviati a trattamento riabilitativo che prevede adattamento del bolo, manovre posturali e programmi di esercizi. Va raccomandata l’assunzione di levodopa almeno 30 minuti prima del pasto con un’ottimizzazione della distribuzione delle proteine della dieta per massimizzare l’assorbimento e l’efficacia del farmaco stesso. I pazienti con MP dovrebbero essere sottoposti a terapia nutrizionale per migliorare il proprio benessere e qualità delle vita, la terapia nutrizionale deve essere su misura in base alle necessità individuali del pazienti. La costipazione è il principale sintomo non motorio nel Parkinson; i pazienti con costipazione possono trarre beneficio dall’assunzione di latte fermentato con probiotici e prebiotici in aggiunta alle comuni indicazioni dietetiche con incremento dell’intake di acqua e fibre.
La SCLEROSI MULTIPLA è una patologia cronica, infiammatoria, autoimmune del sistema nervoso centrale, che porta ad una degradazione focale della guaina mielinica, variabile danno assonale e neuronale e disabilità in giovani adulti. Perdita di peso, malnutrizione e anche cachessia sono spesso caratteristici di questi pazienti. Tra le possibili cause troviamo: ridotta mobilità e astenia, dieta inappropriata, difficoltà fisiche nel mangiare e nel bere, scarso appetito, disturbi della vista, deficit cognitivo e disfagia. La terapia nutrizionale deve essere guidata dall’identificazione delle cause. La disfagia è una delle più importanti complicanze e può influenzare lo stato nutrizionale. Viene suggerita una dieta con alimenti poveri in grassi saturi e ricca in acidi grassi polinsaturi per prevenire la SM, non è invece raccomandata la supplementazione con acidi grassi omega 3 per la prevenzione. E’ raccomandato un adeguato intake con la dieta di vitamina D e adeguata esposizione al sole per garantire adeguati livelli di vitamina D per la prevenzione della SM; se i livelli non sono adeguati, va supplementata. Non è indicata la supplementazione con vitamina B12 e vitamina C per la prevenzione. La dieta gluten-free non è raccomandata. La prevenzione dell’obesità nell’adolescenza e nei giovani adulti è raccomandata per la prevenzione. La supplemetazione con acidi grassi omega-3 non è raccomandata per ridurre il numero e la severità delle ricadute, mentre ci potrebbero essere dei benefici in tal senso con gli acidi grassi omega-6. È indicata diagnosi precoce e trattamento precoce delle cause di malnutrizione da un’equipe multidisciplinare. È indicata supplementazione orale in chi, nonostante adeguate istruzioni, non riesce a soddisfare il fabbisogno con i pasti. Non ci sono evidenze dirette sugli effetti della terapia nutrizionale sulla sopravvivenza delle persone affette da questa malattia. Questi pazienti vanno screenati per la disfagia con ripetizione ad intervalli regolari a seconda della situazione clinica; i più a rischio sono quelli con disabilità severa, disfunzione cerebellare e lunga durata di malattia. Ai disfagici viene raccomandato di modificare le consistenze di solidi e liquidi con indicazioni individuali secondo i bisogni per la sicurezza. Se i fabbisogni per os non sono soddisfatti, c’è indicazione a nutrizione enterale tramite PEG.
Elisabetta Marotti
Per approfondimenti: “ESPEN guideline clinical nutrition in neurology” R. Burgos et al. / Clinical, Nutrition 37 (2018) 354e396 Clinical Nutrition 37 (2018) 354e396