Leaky Gut: un aggiornamento

I mammiferi si sono evoluti, nel corso degli anni, per avere un sistema gastrointestinale altamente efficiente e specializzato, che consentisse loro non solo di assorbire tutti i nutrienti assorbibili, ma anche di non far penetrare nella barriera mucosa enormi antigeni esterni, inclusi antigeni alimentari, batteri commensali, agenti patogeni e tossine.

Questa straordinaria funzione di barriera è svolta non solo da un singolo strato di cellule epiteliali specializzate, che sono collegate tra di loro da proteine a giunzione stretta, chiamate tight junction, ma anche da mucine, molecole antimicrobiche, immunoglobuline e citochine.
Se il delicato equilibrio tra tutti questi fattori viene ad incrinarsi, la funzione di barriera viene meno e si parla di Intestino Permeabile o di Leaky Gut.

Un intestino permeabile consente l’ingresso di antigeni esterni dal lume intestinale nell’ospite, che possono promuovere sia le risposte immunitarie locali che sistemiche.
Pertanto molteplici malattie possono insorgere o essere esacerbate a causa di questa condizione: malattie infiammatorie intestinali, malattia celiaca, epatite autoimmune, diabete di tipo 1, sclerosi multipla e lupus eritematoso sistemico (LES). Numerosi fattori possono far scatenare la sindrome del Leaky Gut: vari composti derivati dalla dieta, consumo di alcol e disbiosi del microbiota intestinale. In letteratura ci sono numerosi studi che suggeriscono che il microbiota intestinale sia importante per modulare la permeabilità intestinale e le funzioni di barriera descritte prima.

Una grande varietà di sostanze esogene colonizza il lume intestinale: microrganismi, tossine e antigeni. Senza una barriera intestinale funzionante, queste sostanze possono penetrare nei tessuti, diffondersi nel circolo sanguigno e linfatico, ed interrompere l’omeostasi tissutale.
Nell’intestino umano, il cui epitelio copre una superficie di 400 metri quadrati, possiamo distinguere quattro tipologie di barriere, che ci difendono dalle insidie del mondo esterno: fisica, immunologica, biochimica e microbiota.

1. La barriera fisica è costituta da tre componenti: cellule, muco e batteri commensali. Le cellule intestinali epiteliali agiscono in prima linea e sono loro che determinano il corretto funzionamento della barriera in senso stretto. Tra tutte le tipologie di cellule epiteliali (enterociti, cellule entero-endocrine, cellule di Paneth, cellule mucipare caliciformi, cellule ciliate), gli enterociti (E.) rappresentano la maggioranza assoluta, rappresentando il 90% delle cellule delle cripte intestinali. Gli E. sono cellule vitali per l’assorbimento dei nutrienti. Tuttavia, prove crescenti indicano che le funzioni degli stessi non si limitino solo a questo. Ad esempio, possono controllare l’abbondanza di batteri gram-positivi esprimendo RegIII gamma, un tipo di proteina antimicrobica.

Tutti i tipi di cellule epiteliali provengono da cellule staminali intestinali Lgr5 +, che risiedono all’interno delle cripte intestinali. Il tasso di turnover di queste cellule è alto: si rinnovano ogni 3-5 giorni, ad eccezione delle cellule Paneth, che hanno una durata di circa 2 mesi. Il rivestimento epiteliale è continuo e il contatto tra ogni singola cellula è sigillato da proteine chiamate tigh junction(TJ). Sono state riconosciute oltre 40 proteine TJ, tra cui le occludine, le claudine, la molecola di adesione giunzionale A e la tricellulina. In varie condizioni patologiche, la permeabilità para-cellulare può essere aumentata, con il conseguente ingresso di molecole indesiderate e potenzialmente dannose. L’epitelio intestinale è anche dotato di due strati di muco, uno interno ed uno esterno, che copre l’intero rivestimento e fornisce protezione fisica per separare i microorganismi luminali dall’epitelio. Il muco sopradetto, prodotto dalle cellule caliciformi, contiene diverse molecole tra cui IgA e enzimi e proteine, come la lattoferrina. Le cellule caliciformi (CC) sono il tipo di cellula centrale per la formazione del muco. Le cellule CC producono due tipologie di mucine: MUC2 e mucina transmembrana. La carenza di MUC2 determina colite in topi, secondo studi sperimentali.

I batteri dell’intestino commensale sono stati descritti come un componente della barriera fisica intestinale principalmente a causa delle sue due principali funzioni. La prima è promuovere la resistenza alla colonizzazione di specie di batteri nocivi o patogeni competendo per i nutrienti, occupando siti di attacco e rilasciando sostanze antimicrobiche; la seconda è quella di regolare la digestione e l’assorbimento dei nutrienti per fornire energia alle cellule epiteliali, che sono un componente importante della barriera fisica. Un buon esempio dell’approvvigionamento energetico diretto è la produzione di acidi grassi a catena corta dal microbiota intestinale, che sono utilizzati dai colonociti per il loro sviluppo e il loro metabolismo.

2. La barriera biochimica è di grande supporto alla barriera fisica ed è costituita dal muco, dagli acidi biliari e da molecole con proprietà antimicrobiche. Queste ultime formano una rete complessa ed intricata che ha sia lo scopo di ridurre il carico di batteri colonizzanti e sia quello di ridurre la possibilità di contatto tra antigeni luminali e cellule epiteliali. L’intestino tenue prossimale ospita pochissimi microrganismi, ma all’aumentare la distanza dallo stomaco, aumenta anche il pH e il numero di batteri colonizzanti si espande. Di fronte a un gran numero di microrganismi, che probabilmente superano il numero di cellule intestinali, vengono prodotte, per difenderci dagli invasori, numerose proteine antimicrobiche, tra cui ricordiamo: α- e β-defensina, lectina di tipo C, catelicidina, lisozima e fosfatasi alcalina intestinale.

3. La barriera immunologica è costituita dalle Placche di Peyer e da follicoli linfoidi isolati, dove sono ospitate una varietà di cellule immunitarie, tra cui cellule B, cellule T, cellule dendritiche e neutrofili. Tutti insieme gestiscono la risposta immunitaria locale, presentando antigeni, secernendo citochine e producendo anticorpi che legano gli antigeni estranei. Un altro componente della barriera immunologica sono le IgA secretorie, che interagiscono con i batteri commensali per fornire protezione contro i patogeni invasori. La loro straordinaria proprietà è quella di essere resilienti in ambienti ricchi di proteasi, quali la mucosa intestinale.

4. Il microbiota, ovvero l’insieme di microbi, prodotti batterici e metaboliti che risiede nel nostro intestino, può essere rilevato dall’ospite attraverso i recettori di riconoscimento toll-like (TLR) e i recettori dell’oligomerizzazione (NOD). Nella sindrome leaky gut, vi è una rottura dell’omeostasi tissutale ed i batteri commensali, insieme ai loro prodotti, sono in grado di sfuggire al lume intestinale, con un meccanismo che si chiama traslocazione batterica, e tutto ciò può indurre infiammazione e causare danni ai tessuti sistemici.
Le prove sperimentali su cavie germ free (GF) suggeriscono che lo sviluppo e la funzione della barriera intestinale dipende dal microbiota. Nei topi GF, a causa della mancanza di stimolazioni batteriche, lo spessore degli strati di muco è estremamente ridotto, e tutto ciò consente la penetrazione dei batteri, che potrebbe causare infiammazioni e malattie infiammatorie come la colite.

I batteri commensali, o prodotti batterici come il lipopolisaccaride (LPS) e il peptidoglicano, possono ripristinare gli strati di muco. Esiste un equilibrio tra i batteri commensali e gli strati di muco e insieme contribuiscono al mantenimento dell’omeostasi intestinale. All’interno degli strati di muco, ci sono diverse proteine antimicrobiche (PA), che possono eliminare i patogeni e controllare la colonizzazione dei batteri commensali. Reciprocamente, la produzione di alcune PA è regolata dal microbiota e/o dai loro prodotti. Ad esempio, RegIII gamma è una proteina necessaria per separare fisicamente i batteri commensali dall’epitelio intestinale. È stato dimostrato che RegIII gamma è soppressa nei pazienti alcolizzati e nei topi trattati con etanolo. Inoltre, è stato allo stesso tempo dimostrato che la somministrazione di prebiotici o l’aumento dei lattobacilli probiotici e dei bifido-batteri ripristina le proprietà di RegIII gamma e controlla la proliferazione batterica.

Una grande varietà di eventi può alterare o la barriera fisica intestinale o il suo microbiota, o entrambi, e causare potenzialmente traslocazione microbica e conseguente infiammazione locale e sistemica. Tra questi annoveriamo: dieta, infezioni, consumo di alcol e ustioni.
Gli alimenti sono i primi modulatori dell’equilibrio del microbioma intestinale. La vitamina D è stata studiata e riconosciuta come un protettore della permeabilità intestinale inducendo l’espressione delle proteine a giunzione stretta ZO-1 e claudina-1.

Nei topi Vitamina D knockout è stata rilevata una forma grave di colite infiammatoria. Attualmente sono necessari ulteriori studi per definire al meglio il ruolo di questa vitamina nella protezione dalla permeabilità inestinale. In un recente studio di Desai et al. del 2016, è stato rilevato che un consumo dietetico a basso tenore di fibre può innescare l’espansione di batteri che degradano il muco, tra cui Akkermansia muciniphila e Bacteroides caccae. Inoltre, secondo uno studio del 2012, di Lam YY, una dieta ricca di grassi saturi ha dimostrato di poter ridurre notevolmente la popolazione dei batteri commensali Lactobacilli e di aumentare quella degli Oscillibacter, e questi cambiamenti sono stati correlati con una permeabilità significativamente aumentata nel colon prossimale, dovuta ad una ridotta espressione dell’mRNA della proteina giunzionale ZO-1.

Eventi stressanti, come l’abuso alcolico o le ustioni, sono circostanze che possono favorire la permeabilità intestinale e di conseguenza la traslocazione batterica. In corso di ustioni si verificano redistribuzioni di proteine TJ quali ZO-1 e claudina 1. Inoltre, sia gli esseri umani che i topi che hanno subito ustioni subiscono alterazioni simili del microbiota intestinale, in particolare, con l’aumento dell’abbondanza di batteri della famiglia Enterobacteriaceae (88). È importante notare che è stata osservata la traslocazione microbica di questi batteri aerobi gram negativi. Un altro gruppo di ricerca, utilizzando un modello di topo con lesioni da ustione diverse, ha riportato una maggiore permeabilità del colon insieme a una ridotta popolazione batterica aerobica e anaerobica nel microbiota intestinale, in particolare quelli che producono butirrato, di conseguenza il livello di butirrato nelle feci era significativamente diminuito nei topi con ustioni. È interessante notare che, quando i topi sperimentali hanno ricevuto il trapianto di microbiota fecale, la situazione è ritornata alla normalità.

Sia nell’uomo che nel topo, è stato accertato che l’alcol può alterare la funzione della barriera intestinale, che è strettamente correlata all’aumentata produzione di fattore di necrosi tumorale (TNF) da monociti / macrofagi intestinali e enterociti. In particolare, quando i topi trattati con alcol cronico hanno ricevuto un trattamento antibiotico per via orale, per rimuovere il microbiota, il livello di produzione del TNF e la permeabilità intestinale sono scesi a livelli paragonabili a quelli dei topi di controllo. È interessante notare inoltre che i Lactobacilli sono significativamente soppressi durante il consumo di alcol. La somministrazione diretta di ceppi di Lactobacillus o la stimolazione indiretta di Lactobacilli con prebiotici o diete può ridurre la crescita eccessiva batterica, ripristinare l’integrità della mucosa intestinale e sopprimere la traslocazione microbica.

Le infezioni infine possono giocare un ruolo nella regolazione dell’integrità della barriera mucosa intestinale. Un buon esempio è l’Helicobacter pylori, un batterio Gram-negativo che infetta lo stomaco umano. H. pylori è noto per aumentare direttamente la permeabilità epiteliale intestinale ridistribuendo la proteina TJ ZO-1.

Diversi stati patologici sono stati associati a disbiosi e a traslocazione batterica, tra i quali annoveriamo: morbo di Alzheimer, steatosi epatica alcolica, cancro e molteplici disordini autoimmuni, quali diabete mellito tipo 1 ed il Lupus Eritematoso sistemico ( LES).
Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune organo-specifica caratterizzata da una risposta autoimmune contro le cellule β del pancreas, che determina una produzione insulinica insufficiente. Molti studi clinici, sia su modelli animali che umani, testimoniano che un’aumentata permeabilità intestinale si manifesta molto prima dello scatenarsi della patologia autoimmune stessa. Inoltre nel Diabete Mellito tipo uno, si è rilevata una ridotta concentrazione zonulica e quindi una maggiore colonizzazione batterica intestinale. Il LES è una malattia autoimmune caratterizzata da un’infiammazione grave e persistente che porta a danni tissutali in più organi. Sebbene il LES colpisca sia uomini che donne, le donne in età fertile sono più soggette ad ammalarsi. L’LPS, un componente della parete cellulare dei batteri Gram-negativi, può promuovere lo sviluppo del LES, nel momento in cui penetra nell’epitelio intestinale e trasloca nei tessuti. Nei pazienti affetti da LES, ci sono livelli solubili in circolo molto alti di CD14, poiché il CD14 solubile viene rilasciato dai monociti quando le cellule sono esposte a LPS .

Dato che quindi è chiaro quanto sia importante il ruolo del microbiota nello sviluppo di molteplici patologie, migliorarlo si rivela un’ottima strategia terapeutica.
Prebiotici e probiotici, ad esempio, possono essere utilizzati per ridurre la permeabilità intestinale. Sono state scoperte diverse specie probiotiche che hanno la caratteristica di proteggere la barriera intestinale: tra queste ricordiamo il Bacteroides fragilis. In un modello murino, è stato dimostrato che il disordine dello spettro autistico (ASD) è accompagnato da disfunzione della barriera intestinale, disbiosi del microbiota intestinale e perdita del 4-etilfenilsolfato (4EPS), che ha origine dai batteri commensali. Il trattamento con B. fragilis ha ridotto la traslocazione di 4EPS patogenetici e ha migliorato significativamente i difetti di comportamento. Si ritiene che il beneficio terapeutico di B. fragilis sia dovuto alla sua capacità di alterare la composizione microbica e migliorare la funzione di barriera intestinale. B. fragilis si è rivelato utile anche in malattie infiammatorie, quali la colite e l’encefalomielite autoimmune sperimentale. Ovviamente per valutare al massimo tutte le applicazioni terapeutiche di Bacterioides Fragilis, saranno necessarie ulteriori sperimentazioni.

E’ indubbio, comunque, essendo i probiotici consideratati generalmente sicuri, che diventeranno opzioni di trattamento economicamente vantaggiose per le persone con malattie autoimmuni nel prossimo futuro.

Dott.ssa Stefania De Chiara

Front Immunol. 2017 May 23;8:598. doi: 10.3389/fimmu.2017.00598. eCollection 2017.
Leaky Gut As a Danger Signal for Autoimmune Diseases.
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