La riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione

Oggi 15 marzo è la giornata nazionale del fiocchetto lilla per la prevenzione dei disturbi dell’alimentazione, una iniziativa per sottolineare come negli ultimi decenni si sia assistito ad un progressivo abbassamento dell’età di esordio dei disturbi del comportamento alimentare, quali anoressia e bulimia.

Un esordio precoce può comportare un rischio maggiore di danni permanenti secondari alla malnutrizione, soprattutto a carico dei tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale.

In questi casi l’intervento precoce è di fondamentale importanza e comporta la necessità di adottare strumenti di valutazione adeguati all’età e tecniche terapeutiche efficaci per pazienti in età adolescenziale. Su queste premesse si colloca l’importante documento “Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione”, dei QUADERNI del Ministero, n. 29 settembre 2107, dove sono richiamate tutte le Linee Guida Internazionali pubblicate e viene sottolineato come vi siano pochi studi di ricerca randomizzati e controllati sul trattamento nutrizionale dei DA. Pertanto, le raccomandazioni fornite si basano prevalentemente su standard universali di ‘best practice’, sviluppati attraverso un processo di consultazione di professionisti e di esperti.

Gli interventi nutrizionali nei disturbi dell’alimentazione costituiscono un aspetto molto importante di un programma di trattamento che è più complesso, includendo cure mediche/specialistiche ed attribuendo una particolare importanza agli aspetti psicosociali di questi disturbi. La maggior parte dei pazienti con disturbo dell’alimentazione presenta problemi nella consapevolezza della malattia e nella motivazione al trattamento, che possono rendere difficile la collaborazione al programma di cura: per questo è necessario che gli interventi nutrizionali siano sostenuti da un approccio psicologico e inseriti in un complesso programma di cura, dove è  necessaria la condivisione con il paziente delle scelte terapeutiche considerando le sue difficoltà alla collaborazione. L’approccio al paziente deve necessariamente essere multidimensionale, interdisciplinare, pluriprofessionale ed integrare diverse figure professionali dell’area sanitaria.

Gli obiettivi della riabilitazione nutrizionale dei disturbi dell’alimentazione devono essere sia generali che specifici.

Negli obiettivi generali è necessario affrontare la restrizione dietetica calorica e la restrizione dietetica cognitiva: nella prima c’è una ridotta assunzione di cibo che produce un deficit energetico e una perdita di peso corporeo con gravi complicanze; nella seconda c’è il tentativo di limitare l’assunzione di cibo per controllare il peso e la forma del corpo, indipendentemente dal fatto che esso produca un deficit energetico. Entrambe, tuttavia, causano danno psicosociale e contribuiscono a mantenere la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione.

Gli obiettivi specifici dipendono dal quadro clinico. I più frequenti sono:

  • la correzione delle complicanze fisiche della malnutrizione per difetto; segno clinico caratteristico è il calo ponderale che se non corretto può determinare gravi complicanze mediche, in particolare cardiache e ossee, e in alcuni casi può portare alla morte.
  • la correzione delle conseguenze psicosociali della malnutrizione, in quanto si associa a gravi complicazioni psicosociali (ad esempio isolamento sociale, depressione) che a loro volta contribuiscono a mantenere la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione.
  • il raggiungimento di una condizione di normopeso. I pazienti sottopeso vanno aiutati a raggiungere una condizione di normopeso per risolvere le complicanze fisiche e psicosociali associate alla malnutrizione ed eliminare un potente meccanismo di mantenimento della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione.
  • la normalizzazione del comportamento alimentare. I pazienti con disturbi dell’alimentazione adottano spesso regole dietetiche estreme e rigide (per es. saltare i pasti, ridurre le porzioni, evitare specifici alimenti, contare le calorie, limitare o evitare l’alimentazione sociale), motivate da preoccupazioni eccessive nei confronti del peso e della forma del corpo, e del controllo dell’alimentazione. Queste regole dietetiche vanno affrontate perché aumentano le preoccupazioni per l’alimentazione, provocano ansia ogni volta che si affronta un pasto, restringono il modo di alimentarsi, favoriscono le abbuffate, possono portare alla restrizione calorica e al sottopeso e danneggiano le relazioni sociali.
  • Il ripristino delle normali percezioni di fame e sazietà. Le regole dietetiche estreme e rigide, la restrizione calorica e il sottopeso alterano le normali sensazioni di fame e sazietà. Tali alterazioni favoriscono lo sviluppo di abbuffate, in conseguenza dell’aumento della fame o, al contrario, la riduzione dell’assunzione di cibo, in conseguenza del precoce senso di pienezza conseguente al ridotto svuotamento gastrico che si verifica nei pazienti sottopeso.

Questi pazienti hanno scarsa motivazione al cambiamento; le persone sottopeso con disturbi dell’alimentazione tendono a non considerare un problema la restrizione calorica e il basso peso raggiunto, anzi spesso li giudicano una conquista, la prova evidente della loro forza di volontà e autocontrollo. Per aiutare i pazienti a comprendere la necessità di recuperare il peso è fondamentale che il clinico che si occupa della riabilitazione nutrizionale implementi nel paziente l’autoconsapevolezza e le risorse personali, utilizzando le tecniche del counseling. Il paziente può mettere in atto cambiamenti solamente se diventa l’indiscusso protagonista. La promozione dell’empowerment del paziente è fondamentale per avviare con lui un percorso d’aiuto che favorisca lo sviluppo delle sue potenzialità, della sua capacità di autogestirsi, di mettere in atto strategie decisionali orientate a soluzioni di problemi specifici e quindi di effettuare le scelte necessarie per migliorare la sua salute. Il clinico non deve esser giudicante e deve instillare la speranza che il cambiamento è possibile ed è un’opportunità speciale per iniziare una nuova vita.

Principi generali della riabilitazione nutrizionale dei pazienti sottopeso:

  • Raggiungere un peso salutare, che deve essere mantenuto senza una restrizione calorica, non deve essere associato ai sintomi da malnutrizione e deve permettere di avere una vita sociale.
  • Recupero del peso secondo le linee guida internazionali (velocità di recupero di peso settimanale compresa tra 0,5 kg e 1,0 kg la settimana nel trattamento ambulatoriale). In setting ospedalieri o riabilitativi la velocità di recupero di peso può essere maggiore (fino a 1,5 kg la settimana) per permettere di raggiungere alla dimissione un peso normale, considerato il più importante predittore di un esito buono a un anno dalla dimissione.
  • Introito calorico e composizione del piano alimentare devono essere adeguati per ottenere un recupero di peso settimanale medio di 0,5 kg (creare un surplus di energia di circa 500 kcal al giorno). Ciò può essere raggiunto aumentando la quantità di cibo assunta giornalmente e riducendo anche la quantità di esercizio svolto, nel caso i pazienti pratichino esercizio fisico in modo eccessivo. L’apporto vitaminico e di sali minerali può essere raggiunto usando una supplementazione orale multivitaminica e multiminerale che può compensare l’eventuale carenza di vitamine e di sali minerali assunti con il cibo.
  • La misurazione e interpretazione del peso dei pazienti durante la seduta è molto importante, è una buona opportunità per educare i pazienti sul loro peso e sul peso corporeo in generale; i pazienti vivono con molta ansia l’andamento del peso in relazione all’alimentazione seguita nella settimana e la discussione ed interpretazione del numero sulla bilancia con il clinico è utile affinché non lo giudichino in modo disfunzionale. L’eccessiva preoccupazione per il peso porta, infatti, i pazienti a misurare il loro peso frequentemente anche più volte al giorno (check del peso). Tale comportamento porta i pazienti a essere preoccupati per le fluttuazioni fisiologiche giornaliere del peso legate a variazioni dell’idratazione che altrimenti passerebbero inosservate, in questo modo tutto ciò viene evitato. È consigliabile quindi che la misurazione del peso sia eseguita una volta la settimana in seduta e non a casa per evitare da un lato il check frequente o dall’altro invece l’evitamento della misurazione.
  • Strategie da suggerire ai pazienti per affrontare i pasti in caso di difficoltà: non deviare dal piano alimentare perché li aiuterà a sentirsi in controllo durante il recupero del peso, potendo predire quanto peso recupereranno, recuperandolo a una velocità appropriata; mangiare senza farsi influenzare dalla fame, dal senso di pienezza e dalle preoccupazioni sull’alimentazione perché, essendo alterati dallo stato di sottopeso e influenzati dalla psicopatologia del disturbo dell’alimentazione, non rappresentano una buona guida per decidere quanto e quando mangiare (“mangiare meccanicamente”); evitare di usare i rituali a tavola perché la tendenza a mangiare in questo modo è un effetto secondario del problema alimentare; scrivere in una scheda di monitoraggio in tempo reale le strategie da applicare. In alcuni casi uno strumento utile a ridurre l’ansia relativa al calcolo di calorie e grammi degli alimenti può essere l’uso di un atlante fotografico delle porzioni o l’applicazione della “dietetica per volumi”, tecnica basata sul confronto di cibi con volumi di oggetti di uso comune (bicchiere, tazza, palla da tennis, ecc) e/o con le dimensioni della mano del soggetto (pugno, palmo, dita). Queste strategie vanno utilizzate fino a quando le abitudini alimentari dei pazienti non saranno più influenzate dall’ansia e dalle preoccupazioni nei confronti del controllo dell’alimentazione.

Durante il processo di recupero del peso, i pazienti devono essere aiutati a gestire queste fondamentali difficoltà:

– interrompere esercizio fisico eccessivo e compulsivo e pianificare un’attività fisica per costruire massa muscolare ed accettare la forma del corpo che cambia;

– imparare a comprendere e gestire la sensazione di essere ripieni con procedure specifiche;

–  sensazione di avere un addome che sporge troppo; va insegnato a gestire il disturbo interrompendo i check della pancia, indossando vestiti che non accentuino la protuberanza della pancia, riducendo l’assunzione di bevande gasate;

–  diminuzione della motivazione; è consigliabile di tanto in tanto rivedere i motivi che hanno portato i pazienti a decidere di affrontare il recupero di peso.

– affrontare il mantenimento del peso e la restrizione dietetica cognitiva residua; i pazienti, una volta arrivati all’obiettivo di peso stabilito, vanno aiutati ad apprezzare i vantaggi dell’essere fuori dallo stato di malnutrizione e ad accettare il nuovo corpo e il nuovo sé.

Nell’ultima fase dell’intervento di riabilitazione nutrizionale, i pazienti vanno aiutati a mantenere il peso in un intervallo salutare di 2-3 kg a lungo termine adottando linee guida salutari in modo flessibile. I pazienti vanno anche educati a stare attenti ai minimi segnali di ricaduta e a rimettersi subito in carreggiata perché l’adozione della dieta e la perdita di peso sono spesso espressioni egosintoniche della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione (cioè non sono vissute come dei problemi).

Elisabetta Marotti

Fonte per approfondimenti:

“Linee di indirizzo nazionali per la riabilitazione nutrizionale nei disturbi dell’alimentazione” A cura di Ministero della Salute

Quaderni del Ministero della Salute, n. 29 settembre 2017

Foto: SIRIDAP