L’allergia alimentare è una reazione immunologica avversa al cibo che ha un elevato impatto sulla qualità di vita dei soggetti che ne sono affetti e su quella dei loro familiari. Per affrontare la patologia è necessario che la diagnosi sia posta correttamente e che ci sia una costante vigilanza per evitare gli allergeni alimentari e che le etichette dei prodotti alimentari siano chiare. La certezza da parte del consumatore di poter escludere l’allergene nei prodotti alimentari, piatti pronti e pasti fuori casa, comporterebbe vantaggi ai soggetti allergici, alle ditte produttrici, ai ristoratori e determinerebbe anche una riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria, ad esempio, contenendo gli interventi d’urgenza ed i ricoveri. A tale riguardo, in virtù delle evoluzioni normative, scientifiche e pratiche in materia di Allergie Alimentari, è stato aggiornato dal Ministero della Salute il documento “Allergie alimentari e sicurezza del consumatore – documento d’indirizzo e stato dell’arte”, già elaborato nel 2014.
Ciò che caratterizza l’allergia alimentare è l’immediatezza dell’insorgenza dei sintomi, da 2 a 4 ore dall’assunzione dell’alimento, che sono tanto più gravi quanto più precocemente insorgono. I principali quadri clinici che si possono presentare sono:
– shock anafilattico: grave reazione sistemica a rapida insorgenza coinvolgente diversi organi ed apparati che può includere la perdita di conoscenza; deve essere trattato tempestivamente perché può essere fatale. Tutti gli alimenti possono indurre anafilassi, ma i classici “big eight”, gli otto gruppi di alimenti più frequentemente in causa sono: arachidi, frutta a guscio, soia, crostacei e molluschi, pesce, latte, uova, e cereali.
– orticaria-angioedema: comparsa di manifestazioni cutanee eritematopomfoidi di varia grandezza migranti e fugaci con prurito (orticaria), associate o meno all’edema delle mucose esterne (angioedema delle labbra, palpebre, genitali) o interne (glottide); può essere scatenata da qualsiasi alimento.- manifestazioni allergiche (orticaria e anafilassi) associate all’esercizio fisico dopo consumo di un alimento (Foodassociated exercise-induced anaphylaxis): può insorgere come conseguenza dell’assunzione di cibo verso il quale si è allergici associata ad esercizio fisico di una determinata entità ed effettuato a breve distanza dall’assunzione dell’alimento stesso.
– disturbi respiratori (asma e rinite): sono rare e più frequenti nell’età pediatrica e possono manifestarsi nei confronti dell’aerodispersione nell’ambiente di allergeni alimentari come le proteine del latte, dell’uovo e del pesce; spesso si tratta di forme occupazionali, fra queste senz’altro la più frequente è l’asma del panificatore.
– sindrome orale allergica: sintomi riguardanti cavo orale e gola che si possono presentare in persone allergiche ai pollini quando mangiano alcuni alimenti (frutta o vegetali) in particolare crude per reazione crociata. La sintomatologia è più intensa nel periodo di esposizione stagionale ai pollini.
– disturbi gastroenterici: l’allergia alimentare IgE mediata può determinare quadri intestinali sia con manifestazioni drammatiche (coliche addominali violente, diarrea, vomito) che rappresentano lo shock anafilattico addominale, sia con manifestazioni croniche correlate con la pluripositività verso allergeni alimentari che determinano un quadro infiammatorio eosinofilo (enterite eosinofila) nel quale può essere presente anche un meccanismo cellulo–mediato.
– dermatite atopica: sindrome caratterizzata da sintomi che possono coinvolgere variamente diverse fasce d’età ed estendersi a diverse aree corporee. Nello stesso soggetto possono aversi negli anni sintomi a carico della cute (manifestazioni eczematose), dell’apparato respiratorio e del tratto gastrointestinale.
– gastroenteropatie eosinofile: la sintomatologia varia a seconda della sede del processo infiammatorio eosinofilo: può aversi a livello esofageo (disfagia e dolore) come a livello intestinale (diarrea, dolore addominale) ed anche generalizzata (ascite, perdita di peso, edema ed ostruzione intestinale). Tutti gli alimenti possono essere in grado di determinare tale condizione, in qualsiasi fascia d’età e spesso la condizione è persistente.
– enterocolite allergica da proteine alimentari: interessa sostanzialmente l’età pediatrica e di solito va incontro a risoluzione spontanea. L’esposizione continuativa alle proteine alimentari in causa comporta emesi, diarrea, letargia, scarsa crescita. Gli alimenti più spesso coinvolti sono latte, soia, riso. Si manifesta con vomito incoercibile e/o diarrea profusa con possibile progressione, in circa il 20% dei casi, verso la disidratazione e lo shock ipovolemico.
– proctite da proteine alimentari: è tipica dell’infanzia, è correlata con infiammazione eosinofila localizzata ed è caratterizzata dalla comparsa di sanguinamento e mucillagini nelle feci; si associa principalmente al latte vaccino.
Da uno studio del 2009 (Asero et al.) è risultato che in Italia gli allergici ad alimenti sono l’8 % di tutti gli allergici. Il 45 % presentava un’allergia primaria agli alimenti, gli altri una reazione crociata tra pollini e alimenti, mentre l’1% è risultato allergico ad alimenti per reazione crociata al lattice. Fra gli alimenti sono causa di allergia primaria i vegetali 72% (frutta, legumi, pomodoro, ecc.), crostacei e molluschi 13%, pesci 4%, uova 3%, latte 3%, cereali 2%, carni 1%, anisakis e lumache < 1%. I quadri clinici più gravi sono causati da allergia primaria a crostacei e molluschi, cereali, uova e alimenti vegetali quali sesamo, spinaci, avocado, arachidi e semi. In età pediatrica latte vaccino, uova, grano, soia, pesce ed arachidi, sono responsabili di circa il 90% delle reazioni allergiche ad alimenti. Le reazioni sistemiche per le allergie alimentari crociate con i pollini sono il 5%. Nel documento i singoli alimenti che possono causare allergie vengono trattati nel dettaglio.
Per la diagnosi è innanzitutto fondamentale l’anamnesi, in caso di reazioni acute come l’anafilassi e/o l’orticaria verificatesi dopo ingestione isolata di un singolo alimento presenta un elevato valore predittivo. Conoscere la storia clinica poter selezionare i test diagnostici cui sottoporre il paziente e consente di decidere se sia possibile effettuare il test di provocazione orale, gold standard nella diagnosi di allergia alimentare. Nelle patologie croniche associate ad allergia alimentare (es. dermatite atopica, asma, gastroenterite allergica eosinofila) la storia clinica ha invece uno scarso valore predittivo positivo. Attenzione va posta in particolare alla descrizione dei sintomi, al tempo intercorso tra l’ingestione dell’alimento e la loro comparsa, alla frequenza delle reazioni, alla quantità di alimento necessaria ad evocarle, all’epoca in cui si è verificata l’ultima importante reazione, ad eventuali fattori associati (attività fisica, assunzione di farmaci), ai farmaci somministrati per contrastarla, al contatto accidentale con altre sostanze (contaminazione con altri cibi, acari della polvere), alla riproducibilità dei sintomi, specialmente quelli soggettivi (disturbi dell’umore, cefalea). L’esame fisico del paziente è diretto alla ricerca di “stigmate atopiche”; la cute rappresenta l’organo maggiormente colpito (dermatite atopica, orticaria).
Per quanto riguarda i test si utilizzano:
– Skin prick test: test cutaneo, in vivo, di solito è il primo nel percorso diagnostico: è infatti sicuro, veloce, economico e di semplice esecuzione anche se di complessa interpretazione. Rileva un’ipersensibilità IgE-mediata a livello cutaneo. Consiste nel mettere a contatto i mastociti dermici con l’allergene, sotto forma di estratto commerciale, pungendo la cute sulla superficie volare dell’avambraccio dove viene posata una goccia di estratto. I mastociti, nei soggetti sensibilizzati, liberano i loro mediatori; a livello cutaneo si potrà rilevare la triade clinica di Lewis: edema, eritema, prurito.
– Prick by prick: è analogo al prick test, ma anziché un estratto commerciale viene usato l’alimento fresco. Il test si effettua principalmente per gli alimenti vegetali, le cui proteine sono labili e possono essere alterate dalla preparazione industriale dell’estratto commerciale, dando risultati falsamente negativi. Ciò comporta che spesso i prick by prick diano positività cutanee molto evidenti, negli stessi pazienti in cui l’estratto ha dato un risultato negativo: il valore predittivo negativo di questa tecnica è pertanto eccellente, tanto che in caso di esito negativo si può escludere l’allergia alimentare.
– TEST DI PROVOCAZIONE ORALE: la diagnosi di allergia alimentare è una diagnosi clinica che può essere raggiunta con sicurezza solo dopo un‘osservazione diretta di quello che accade in seguito all’assunzione dell’alimento che si sospetta sia implicato nell’evento allergico. Questo test è il ”gold standard” per la diagnosi di allergie alimentari. Solo il personale che prepara il test, è a conoscenza del prodotto proposto in quel momento (alimento o placebo).
– Esistono inoltre dei test TEST UTILI IN SPECIFICHE CONDIZIONI DIAGNOSTICHE e TEST non convenzionali.
La TERAPIA DELL’ALLERGIA ALIMENTARE: Una volta sospettata la presenza di un’allergia alimentare, verrà proposta una dieta di eliminazione verso l’alimento ritenuto responsabile, durante la quale, la patologia dovrà scomparire (rapporto causa-effetto); la dieta dovrà essere accompagnata da un diario clinico che i genitori dovranno compilare per documentare meglio l’andamento dei sintomi. La scrupolosa eliminazione dell’alimento e dei suoi derivati deve essere effettuata per 2 settimane o per 4-8 settimane nel caso di disturbi gastro-intestinali; se sarà in tal modo comprovato un rapporto di causa-effetto verrà proposto, successivamente, un test di provocazione orale (TPO) in ambiente protetto che dovrà dimostrare la ricomparsa dei sintomi. Solo dopo l’esito positivo di questo esame la dieta di eliminazione da diagnostica diverrà terapeutica. Qualora la dieta di eliminazione non provocasse la risoluzione dei sintomi, il TPO non andrà eseguito. La dieta di eliminazione è un utile strumento per la diagnosi e la gestione dell’allergia alimentare; il successo della dieta dipende dall’identificazione dell’esatto allergene in causa, nonché dalla capacità da parte del paziente o dei suoi genitori di mantenere un’alimentazione completamente priva di tale sostanza. Anche gli utensili usati in cucina possono rappresentare inavvertiti veicoli di proteine allergeniche e ciò andrà spiegato ai genitori.
LA TERAPIA NELL’URGENZA: Il farmaco di elezione per la terapia dell’anafilassi è l’adrenalina che rispetto ad altri è da preferire per efficacia e rapidità d’azione, attraverso la somministrazione, al di fuori dell’ambito ospedaliero, con un auto iniettore a livello sottocutaneo, di cui vanno dotati i soggetti allergici e i genitori, con istruzioni scritte per il bambino e la famiglia per un uso il più possibile corretto.
Per maggiori informazioni e approfondimenti consultare il documento completo:
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2788_allegato.pdf