Da sempre e nell’immaginario comune, i Disturbi Alimentari sono associati al sesso femminile. Per quanto questo dato sia statisticamente comprovato, negli ultimi anni si è via via prestata più attenzione alla dimensione del problema nel sesso maschile.
Già nel 2012 uno special issue della rivista scientifica Eating Disorders: The Journal of Treatment and Prevention definiva i disturbi alimentari maschili come “sotto diagnosticati, trattati in modo inadeguato e non compresi”.
I dati presenti in letteratura sono contrastanti per quanto riguarda la descrizione dei disturbi più frequenti, tanto che si parla di inadeguatezza dei criteri diagnostici per quanto riguarda il sesso maschile, ove il disturbo più frequente risulta essere il Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione con o senza altra specificazione.
Un’altra caratteristica più volte riportata è la giovane età di presentazione dei pazienti di sesso maschile rispetto al corrispettivo femminile. In questo contesto, di grande interesse è il recente articolo pubblicato sul Journal of Eating Disorders che ha analizzato retrospettivamente le cartelle cliniche di pazienti pediatrici di sesso maschile inclusi nell’Eating Disorders Programs presso il British Columbia Children’s Hospital tra il 2003 e 2015 e i bambini trattati presso il Looking Glass Residence tra il 2011 e il 2015. Il campione includeva 71 soggetti.
Dall’analisi è risultato che i pazienti di sesso maschile presentavano significative complicazioni mediche come bradicardia e demineralizzazione ossea. In comparazione con le pazienti di sesso femminile incluse negli stessi programmi di trattamento durante il medesimo periodo di tempo, i pazienti di sesso maschile erano più giovani, con esordio di malattia più precoce e con un BMI superiore. I pazienti maschi sottopeso alla prima visita riportavano una percentuale di calo ponderale superiore rispetto al gruppo di controllo femminile. Tuttavia, il gruppo maschile aveva una minore probabilità di rientrare nei criteri diagnostici di anoressia nervosa e bulimia. Non sono state rilevate differenze significative nella durata dei sintomi del disturbo alimentare.
Lo studio riportato si allinea con precedenti studi in ambito pediatrico e sottolinea da una parte l’importanza di un’attenta valutazione medica dei pazienti di sesso maschile, ove sono già presenti complicazioni mediche a fronte di Indici di massa corporea superiori. Dall’altra parte questo paper indirizza future ricerche che mirino ad implementare la descrizione di casi di disturbi alimentari nel sesso maschile nell’ottica di migliorare i criteri diagnostici e quindi offrire migliori cure per tali pazienti.
Dr.ssa Maria Luisa Fonte