La nutrizione clinica in terapia intensiva

Recentemente sono state parzialmente revisionate le linee guida dell’ESPEN “Nutrizione clinica nell’Unità di Terapia Intensiva”, pubblicate nel 2019, con l’obiettivo di colmare le lacune presenti nelle conoscenze per garantire il raggiungimento di un supporto nutrizionale ottimale per i pazienti in Terapia intensiva (TI).

Ecco alcune delle indicazioni (complessivamente le raccomandazioni sono 56):

  • Ogni paziente critico ricoverato in TI per più di 48 ore dovrebbe essere considerato a rischio di malnutrizione. È necessario considerare un approccio pragmatico per i pazienti a rischio, come quelli ricoverati da più di due giorni, che necessitano di ventilazione meccanica, che siano affetti da infezione, che ricevono un’alimentazione insufficiente da più di cinque giorni e/o che presentino una grave malattia cronica.
  • In base alla valutazione dello stato nutrizionale, ossia alla presenza di malnutrizione ed al motivo del ricovero, andrà valutato se introdurre alimentazione artificiale precoce o tardiva e quindi se di tipo enterale (NE) o parenterale (NP).
  • L’alimentazione orale deve essere preferita rispetto alla NE o alla NP nei pazienti critici che sono in grado di alimentarsi. Per i pazienti in grado di alimentarsi, si dovrebbe preferire questa modalità di nutrizione, se il paziente è in grado di coprire il 70% del suo fabbisogno calorico/proteico dal giorno 3 al giorno 7 e non presenta episodi di vomito o inalazione. Questo apporto calorico/proteico (ovvero il 70% o più del fabbisogno) è considerato adeguato.
  • La valutazione dello stato nutrizionale in Terapia Intensiva dovrebbe essere eseguita sulla base di una valutazione clinica generale, fino a quando non sarà stato convalidato uno strumento specifico. La valutazione clinica generale può includere anamnesi, resoconto della perdita di peso involontaria o della diminuzione delle prestazioni fisiche prima del ricovero in Terapia Intensiva, esame obiettivo, valutazione generale della composizione corporea, della massa muscolare e della forza muscolare, se possibile. Il peso e il BMI non rispecchiano con precisione la malnutrizione. La perdita muscolare e la sarcopenia devono essere rilevate nelle TI, anche nei pazienti obesi. La fragilità è stata indicata come ulteriore elemento di aggravio tra le comorbidità e può essere diagnosticata mediante osservazioni cliniche o esami complementari. Nella pratica quotidiana si raccomanda l’uso di strumenti di screening (NRS 2002) e di valutazione (SGA, MNA). Allo stato attuale, non è ancora stata elaborata una definizione specifica di malnutrizione acuta associata alla malattia critica. Allo stesso tempo, dopo aver eseguito il processo di screening, la valutazione di malnutrizione richiede l’associazione di un fenotipo (% di perdita di peso, BMI, diminuzione dell’appetito e/o scarsa massa muscolare) e di un’eziologia, ad esempio malattia critica (criteri GLIM).
    La massa muscolare può essere valutata mediante utilizzo di ultrasuoni, tomografia computerizzata, o BIA. La sarcopenia, considerata come una riduzione della massa e/o della funzionalità muscolare, è frequente nei pazienti malnutriti ricoverati in Terapia Intensiva. Questa perdita muscolare può essere considerata un elemento di fragilità ed è associata a una degenza ospedaliera prolungata e a una diminuzione della qualità della vita e della capacità funzionale. La dinamometria della mano consente di valutare la funzione muscolare. L’utilizzo della BIA consente la determinazione della composizione corporea in un paziente stabile che non soffra di variazioni di liquidi nei differenti compartimenti corporei e dell’angolo di fase, inoltre risulta essere utile nella valutazione della prognosi nei pazienti critici. I pazienti con scarsa massa muscolare riscontrata al momento del ricovero mediante tomografia computerizzata sono caratterizzati da una maggiore durata del ricovero e da una mortalità più elevata.
  • Per evitare una sovralimentazione, i trattamenti completi di NE e NP precoci non devono essere attivati nei pazienti critici, ma devono essere prescritti entro tre o sette giorni. L’obiettivo energetico/proteico dovrebbe essere raggiunto progressivamente non prima delle 48-72 ore dal ricovero per evitare una condizione di sovranutrizione.
  • Se l’apporto orale non è possibile, nei pazienti critici adulti si consiglia una somministrazione/attivazione precoce della NE (entro 48 ore) piuttosto che ritardata e piuttosto che una NP precoce.
  • La NE precoce dovrebbe essere attivata:
    – nei pazienti sottoposti a ECMO;
    – nei pazienti con lesione cerebrale traumatica;
    – nei pazienti con ictus (ischemico o emorragico);
    – nei pazienti con lesione del midollo spinale;
    – nei pazienti con pancreatite acuta severa;
    – nei pazienti sottoposti a chirurgia gastrointestinale;
    – nei pazienti sottoposti a chirurgia dell’aorta addominale;
    – nei pazienti con trauma addominale quando la continuità del tratto gastrointestinale;
    è confermata/ripristinata nei pazienti che ricevono agenti bloccanti neuromuscolari;
    – nei pazienti in posizione prona;
    – nei pazienti con addome aperto, indipendentemente dalla presenza di borborigmi, a meno che non vi sia sospetto di ischemia intestinale o ostruzione;
    – nei pazienti con diarrea.
    La NE dovrebbe essere ritardata in diverse condizioni:
    – in presenza di shock incontrollati e di mancato raggiungimento dei target emodinamici e di perfusione tissutale, mentre può essere avviata una nutrizione enterale a basso dosaggio, non appena lo shock viene controllato grazie alla somministrazione di fluidi e vasopressori/ inotropi, monitorando i segni di ischemia intestinale;
    in caso di ipossiemia incontrollata potenzialmente letale, ipercapnia o acidosi, tuttavia può essere avviata la NE nei pazienti con ipossiemia stabile, ipercapnia compensata permissiva e acidosi;
    – nei pazienti con sanguinamento del tratto gastrointestinale superiore attivo, tuttavia la NE può essere avviata nel momento in cui l’emorragia si è arrestata e non si osservano segni di ulteriori sanguinamenti;
    – nei pazienti con ischemia intestinale manifesta;
    – nei pazienti con fistola intestinale ad elevata portata in caso di assenza di una via di approccio distale rispetto alla fistola affidabile per la somministrazione dei nutrienti;
    – nei pazienti con sindrome compartimentale addominale;
    – in caso di ristagno gastrico aspirato superiore a 500 ml/6 h.
  • La nutrizione parenterale precoce e progressiva può essere iniziata in caso di nessuna nutrizione in cui è controindicata la NE ed in caso di grave malnutrizione.
  • Se si utilizzano equazioni predittive per stimare il fabbisogno energetico, si dovrebbe preferire la nutrizione ipocalorica (inferiore al 70% del fabbisogno stimato) rispetto alla nutrizione isocalorica per la prima settimana di ricovero in Terapia Intensiva, ossia nella fase precoce della patologia acuta. Un supporto nutrizionale completo e precoce determina una condizione di iperalimentazione, in quanto andrebbe a sommarsi alla produzione di energia endogena, pari a 500 – 1400 kcal/die e capace di causare effetti deleteri come l’aumento dei tempi di degenza, della durata della ventilazione e dei tassi di infezione. La nutrizione totale precoce, aumenta anche il rischio di refeeding (vedi sotto). Mentre un’assunzione eccessivamente ridotta, inferiore al 50%, si associa negli studi retrospettivi, ad un outcome peggiore; può evolvere in un grave debito calorico, nel consumo totale delle riserve energetiche, la riduzione della massa magra e l’aumento delle complicanze infettive.
  • Dopo il terzo giorno, l’apporto energetico può essere aumentato fino all’80 – 100% del dispendio energetico misurato.
  • Durante la malattia critica, possono essere somministrati 1,3 g/kg/die di equivalenti proteici in maniera progressiva.
  • La quantità di glucosio (NP) o di carboidrati (NE) somministrata ai pazienti in ICU non dovrebbe superare i 5 mg/kg/min. La produzione endogena di glucosio è aumentata e non si riduce con la somministrazione di nutrienti ed insulina a differenza di ciò che accade nell’individuo sano. La somministrazione di una eccessiva dose calorica derivante dal glucosio è associata ad iperglicemia, ad una maggiore produzione di CO2, a una maggiore lipogenesi, a un aumento del fabbisogno insulinico e a nessun vantaggio nel risparmio proteico rispetto alla somministrazione di energia derivante dai lipidi.
  • La somministrazione di emulsioni lipidiche endovenose dovrebbe essere generalmente parte integrante della NP. La somministrazione endovenosa di lipidi (incluse fonti lipidiche non nutrizionali) non dovrebbe essere superiore a 1.5 g/kg /die e dovrebbe essere adattata alla tolleranza individuale.
  • Nei pazienti con ustioni > 20% della superficie corporea, dovrebbero essere somministrate dosi enterali aggiuntive di glutammina (GLN)(0.3-0.5 g/kg/die) per 10-15 giorni dall’attivazione della NE. In caso di trauma maggiore, è possibile somministrare dosi aggiuntive di GLN per via enterale (0,2-0,3 g/kg/die) per i primi cinque giorni con la terapia nutrizionale enterale. In caso di difficoltà nella guarigione delle ferite, può essere somministrata per un periodo più lungo di 10-15 giorni. Nei pazienti in TI, ad eccezione dei pazienti con ustioni e traumi, non dovrebbe essere somministrata alcuna dose aggiuntiva di GLN enterale. Nei pazienti in TI instabili e complessi, in particolare in quelli affetti da insufficienza epatica e renale, la GLN-dipeptide parenterale non deve essere somministrata.
  • Per garantire il metabolismo dei substrati, i micronutrienti (ad esempio oligoelementi e vitamine) dovrebbero essere somministrati quotidianamente con la NP.
  • La rialimentazione va monitorata: gli elettroliti (potassio, magnesio, fosfato) dovrebbero essere misurati almeno una volta al giorno per la prima settimana. La sindrome da rialimentazione può essere definita come la variazione potenzialmente fatale di fluidi ed elettroliti che può avvenire in pazienti malnutriti che ricevono una rialimentazione artificiale. Ogni caso di sindrome da rialimentazione, uno stato potenzialmente letale, dovrebbe essere rilevato precocemente per prevenire le complicanze. Pertanto, è necessario valutare lo stato nutrizionale al momento del ricovero con un programma per la misurazione degli elettroliti, compreso il fosfato. I parametri di laboratorio (monitoraggio degli elettroliti, glicemia, test di funzionalità epatica) sono importanti per prevenire o rilevare gravi complicanze come la sindrome da rialimentazione o l’insufficienza epatica correlata alla nutrizione, nonché per favorire il raggiungimento della normoglicemia e di valori elettrolitici normali.

Nelle linee guida viene dedicata particolare attenzione, nelle raccomandazioni dedicate, al paziente chirurgico, al paziente con trauma, al paziente settico ed al paziente obeso.

Elisabetta Marotti

Per approfondimenti:

“ESPEN practical and partially revised guideline: Clinical nutrition in the intensive care unit” P. Singer et al
https://www.espen.org/files/ESPEN-Guidelines/ESPEN_practical_and_partially_revised_guideline_Clinical_nutrition_in_the_intensive_care_unit.pdf
“Linea guida pratica ESPEN parzialmente revisionata: Nutrizione clinica nell’Unità di Terapia Intensiva” SINPE
https://www.sinpe.org/documenti/Traduzione_linee_guida_ICU.pdf