La curcumina, una componente della spezia curcuma, potrebbe contribuire efficacemente alla prevenzione del morbo di Parkinson.

Lo afferma una nuova ricerca, pubblicata sul Journal of Biological Chemistry, secondo la quale il composto trovato nella spezia curcuma, agirebbe bloccando l’aggregazione delle proteine associata con l’insorgenza del morbo di Parkinson.

Negli ultimi anni la curcumina, il pigmento naturale che dà alla spezia curcuma il suo colore giallo, spezia molto utilizzata in gastronomia e presente nel curry, è stato protagonista di molte ricerche scientifiche, che hanno valutato i suoi potenziali benefici per la salute.

Dai risultati di vari studi, la curcumina è stata collegata ad una serie di benefici per la salute, compreso una potenziale protezione dal cancro alla prostata, dal morbo di Alzheimer, dall’insufficienza cardiaca, dal diabete e dall’artrite.

Nel nuovo studio, i ricercatori dellal Michigan State University, USA, hanno scoperto che la curcumina impedisce l’aggregazione in particolare di una proteina chiamata alfa-sinucleina, costringendola alla dispersione.

La Dr.ssa Lisa Lapidus, co-autrice dello studio, ha detto:”La nostra ricerca dimostra che la curcumina puó salvare le proteine dall’aggregazione, che rappresenta il primo passo di molte malattie debilitanti” e aggiunge “In particolare, la curcumina si lega fortemente alla alfa-sinucleina e ne impedisce l’aggregazione“.

Sembra che quando la curcumina lega l’alfa-sinucleina non solo ne impedisca l’aggregazione, ma acceleri anche il ripiegamento e la riconfigurazione della proteina.
Aumentandone la velocità, il composto della spezia evita che la proteina si aggreghi ad altre proteine a differenza di quanto succede quando si piega più lentamente.

Tuttavia la Dr.ssa Lapidus sottolinea:”L’utilità della curcumina potrebbe essere piuttosto limitata in quanto non arriva facilmente al cervello dove avviene l’aggregazione“.

Questo studio mette in luce come l’alterazione della riconfigurazione delle proteine possa portare a seri problemi di salute. Quindi i ricercatori dicono che chiarire tale processo, correlando la velocità con cui le proteine si ripiegano con la loro tendenza a raggrupparsi, potrebbe aiutare lo sviluppo di future ricerche.

Per leggere l’abstract dell’articolo cliccare sul seguente link:

http://www.jbc.org/content/287/12/9193.abstract

Francesca Trinastich