cromo01

Una nuova ricerca indica che, nella popolazione generale, l’obesità può essere geneticamente legata al modo in cui il nostro organismo digerisce i carboidrati.

Il lavoro, pubblicato sulla rivista Nature Genetics, ha esaminato la relazione tra peso corporeo e un gene chiamato AMY1, che è responsabile della produzione dell’enzima amilasi salivare. Questo enzima è il primo ad essere incontrato dal cibo quando entra nella bocca e, come ben si sa, svolge la funzione di iniziare il processo di digestione che poi continuerà nell’intestino.


Le persone di solito hanno due copie di ogni gene, ma in alcune regioni del nostro DNA ci può essere una variabilità nel numero di queste copie. Questa condizione è nota come “variabilità del numero di copie”. Il numero di copie di AMY1 può essere molto variabile nelle persone, e si ritiene che un numero maggiore delle copie del gene amilasi salivare si siano evolute in risposta ad uno spostamento, fin dalla preistoria, della dieta umana verso alimenti contenenti amido.
I ricercatori dell’Imperial College di Londra, in collaborazione con altre istituzioni internazionali, hanno indagato riguardo al numero di copie del gene AMY1 presenti nel DNA di migliaia di persone provenienti dal Regno Unito, Francia, Svezia e Singapore. Essi hanno trovato che le persone che hanno un basso numero di copie del gene amilasi salivare, erano a maggior rischio di obesità.
La possibilità di essere obesi per le persone con meno di quattro copie del gene AMY1 era di circa otto volte superiore rispetto a quelli con più di nove copie di questo gene.

I ricercatori hanno stimato che, ad ogni copia aggiuntiva del gene amilasi salivare corrisponde una riduzione del 20 per cento della probabilità di diventare obesi.

I ricercatori pensano che questa scoperta sia importante in quanto suggerisce che il modo con cui l’amido sia digerito e come i prodotti finali della digestione dei carboidrati complessi si comportino a livello intestinale possa costituire un importante obesigeno.


La prima fase dello studio ha comportato l’analisi dei dati genetici di un campione di soggetti svedesi composto da 481 partecipanti. In seguito sono stati analizzati i dati provenienti da ulteriori 5.000 soggetti francesi ed inglesi.
Infine i ricercatori hanno anche ampliato il loro studio allo scopo di includere circa 700 cittadini di Singapore. Anche in questo ultimo caso, essi hanno dimostrato che la stessa relazione tra il numero di copie del gene AMY1 e il rischio di obesità esisterebbe anche negli individui asiatici.

Giacomo Pagliaro

Per maggiori informazioni:

http://www.nature.com/ng/journal/vaop/ncurrent/full/ng.2939.html