Il titolo sembra quasi provocatorio, ma se dietro a questa apparente assurdità ci fosse qualche verità?
Ciò che è oggi assodato è che l’obesità umana si stia evolvendo in una epidemia globale.
È interessante notare che una tendenza simile è stata osservata in molte specie animali, anche se la composizione della dieta, la disponibilità di cibo, l’attività fisica sono rimaste sostanzialmente invariate. Ciò suggerisce un fattore comune, potenzialmente un fattore ambientale, che colpisce numerose specie animali.
In concomitanza con l’aumento dell’obesità, la concentrazione atmosferica di CO2 è aumentata oltre il 40%. Inoltre, nelle società moderne, passiamo più tempo in casa, dove i livelli di anidride carbonica raggiungono spesso concentrazioni ancora più elevate.
Ma quale relazione può legare il riscaldamento globale all’obesità? Questa relazione, a prima vista incomprensibile, può invece trovare interessanti correlazioni di ordine fisiologico. Ciò che oggi si sa è che l’inalazione di aria a contenuto maggiore di CO2, riduce il pH del sangue e, di seguito, quella del liquido cerebrospinale. Le cellule nervose nell’ipotalamo, che regolano l’appetito e la veglia, hanno dimostrato in diversi studi di essere estremamente sensibili al pH, raddoppiando la loro attività se questi diminuisce di 0,1 unità. In un articolo pubblicato su Nutrition e Diabetes, si è perseguita questa affascinante ipotesi e cioè che l’aumento del carico acido conseguente all’accumulo di CO2 atmosferica possa potenzialmente portare ad un aumento dell’appetito e di assunzione di energia e riduzione delle spese di energia, e contribuire in tal modo l’epidemia di obesità in corso.
Se fondata, questa ipotesi potrebbe rivelarci un ulteriore importante fattore causale dell’obesità, per il quale contrasto, occorrerebbero importanti interventi politici, economici e ambientali.
L’articolo in questione può essere scaricato al seguente link: