In un mondo dove il probiotico regna sovrano (e l’ignoranza scientifico-clinica al riguardo, sostenuta più che altro da esigenze commerciali, galoppa), finalmente cominciano ad intraverdersi spiragli di evidenze scientifiche che permettono di studiare con maggior coerenza clinica il Microbiota intestinale. Oramai è evidente che numerosissime alterazioni nella composizione del microbiota intestinale siano associate a diverse patologie croniche, tra cui l’obesità e le malattie infiammatorie. Recenti sperimentazioni hanno messo in evidenza che il microbiota intestinale degli anziani mostra una maggiore variabilità inter-individuale rispetto a quella rilevabile nell’intestino dei giovani adulti. In un articolo pubblicato sul numero di questa settimana di Nature, sono stati riportati i risultati dello studio della composizione del microbiota fecale di 178 soggetti anziani suddivisi in cluster, in funzione del loro stato: normale vita all’interno della comunità pubblica, condizione di day-hospital, stato di riabilitazione o residenza in un centro di in assistenza a lungo termine. Tuttavia, ogni raggruppamento dei soggetti era ulteriormente ripartito in funzione della dieta e della tipologia di microbiota intestinale.

I risultati ottenuti hanno messo in evidenza che la variazione della composizione del microbiota intestinale è stata significativamente correlata con indicatori di “fragilità” complessiva dell’anziano, presenza di condizioni di co-morbilità, stato nutrizionale complessivo del soggetto, variazione dei marcatori di infiammazione e  variazione della composizione di metaboliti nella fase solubile del materiale fecale.

Inoltre è emerso che il microbiota intestinale delle persone residente in centri di assistenza di lunga degenza fosse significativamente meno diversificato rispetto a quello degli anziani abitanti normalmente all’interno della comunità pubblica. A questo riguardo la fuoriuscita dalla comunità pubblica ed il “ricovero” presso questi centri è stato correlato significativamente ad una alterazione del microbiota intestinale e ad una maggiore “fragilità complessiva” dell’anziano.

Infine i dati, anche in questo caso, confermano una relazione stretta tra dieta, microbiota intestinale e stato di salute, indicando sempre più il ruolo guida della dieta per quelle alterazioni della flora intestinale che possono incidere significativamente sui vari tassi di declino della salute nell’invecchiamento.

L’articolo in questione è rintracciabile attraverso il seguente link:

http://www.nature.com/nature/journal/v488/n7410/full/nature11319.html