Il consumo di succhi di frutta, soprattutto se arricchiti di zuccheri aggiunti, potrebbe aumentare il rischio di obesità fornendo un surplus di calorie e zuccheri non necessario e spesso incontrollato.
D’altra parte,cè succo e succo.
Il consumo di succo d’arancia, aumentato enormemente negli ultimi anni tanto da rappresentare il 50% del consumo mondiale di succhi (pari a 15 bilioni di litri l’anno), è infatti una fonte importante di composti fitochimici quali carotenoidi, vitamine (C, A, B1, B6 e B3), aromi e composti polifenolici, oltre a zuccheri (glucosio, fruttosio e saccarosio) e acidi organici (acido citrico, isocitrico e malico).
La composizione del succo varia molto secondo la varietà di arance utilizzate e di conseguenza anche il rapporto tra benefici e rischi per la salute.
Il 70% della produzione italiana di arance è rappresentata da tre varietá di arance rosse: Moro, Tarocco e Sanguinello, cosí chiamate per la presenza di pigmenti rossi nella polpa, (composti polifenolici della classe degli antociani) che le distinguono dalle classiche “gialle”.
Gli antociani rappresentano in particolare i composti piú abbondanti nelle arance rosse (cianidina-3-glucoside) e sono risultati variamente associati ad effetti antinfiammatori, antiossidanti e antiadipogenici (riduzione di peso corporeo e accumuli di grasso e riduzione del rischio di diabete indotto da una dieta ricca in grassi).
Alcuni studi di coorte hanno anche riportato un’associazione diretta tra il consumo di antociani e la riduzione di rischio cardiovascolare.
Tuttavia la scarsa esposizione a tali composti attraverso la dieta e le limitate conoscenze circa il loro metabolismo, non hanno permesso sinora di ottenere chiare evidenze scientifiche.
Negli ultimi tre anni, un gruppo di ricercatori italiani ha condotto una serie di studi in vitro, in modelli animali e su soggetti umani, per verificare le potenzialitá del succo di arance rosse contro infiammazione, accumulo di grassi , aumento di peso corporeo e rischio cardiovascolare.
Con un primo studio in vitro (condotto su cellule in coltura), pubblicato nel 2010 su “Natural Product Research”, gli studiosi confermarono che i composti estratti dalle tre varietá di arance rosse prodotte in Italia svolgevano delle importanti azioni antiinfiammatorie, bloccando l’espressione di geni coinvolti nell’attivazione del processo infiammatorio. L’estratto in questione era composto per un 20% da antociani, e in minor percentuale da altri composti polifenolici contenuti nelle arance, e da vitamina C (5%).
Altri risultati entusiasmanti giunsero nello stesso anno da uno studio condotto su topi, pubblicato nella rivista “International Journal of Obesity”. Confrontando l’effetto del consumo di succo di arance rosse (Moro) e di arance gialle (Navelina), i ricercatori constatarono che la somministrazione di succo di arance rosse per un periodo di 12 settimane riduceva nei topi l’aumento di peso e l’accumulo di tessuto adiposo, conseguenti a una dieta ricca in grassi, nonostante l’aumento di zuccheri introdotti con il succo.
Al contrario, a seguito del consumo di succo di arance gialle non si osservarono risultati significativi.
Successivamente ,somministrando ai topi un estratto di antociani provenienti dal succo di arance rosse, si osservava una riduzione di peso, ma non altrettanto incisiva, gli studiosi conclusero quindi che alti composti contenuti nelle arance potessero contribuire all’azione anti-obesitá del succo.
Quando si tenta di passare da risultati in vitro o ottenuti con modelli animali, a vere e proprie evidenze scientifiche sull’uomo, si sa… il cammino si fa piú arduo.
In uno studio pubblicato qualche mese fa nella rivista “European Journal of Nutrition”, lo stesso gruppo di ricercatori si ripropose di verificare, questa volta in soggetti umani, se il consumo di un litro di succo di arance rosse al giorno, per 4 settimane, fosse in grado di modulare marcatori cellulari legati al rischio cardiovascolare, rispetto al consumo di succo di arance rosse.
Nessun cambiamento significativo fu osservato nei parametri osservati.
Certamente questi ultimi dati non sminuiscono le conoscenze acquisite con gli studi precedenti, ma confermano quanto sia importante aumentare il numero di soggetti in studio, e magari selezionare individui che presentino un elevato rischio di sviluppare determinate patologie, per poter arrivare a risultati che apportino evidenze scientifiche.
Il dibattito scientifico resta aperto.
Dott.ssa Sara Tulipani
Per ulteriori informazioni sugli studi citati, si possono leggere gli abstract dei lavori ai seguenti link:
http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/14786410903169987?url_ver=Z39.88-2003&rfr_id=ori:rid:crossref.org&rfr_dat=cr_pub%3dpubmed
http://www.nature.com/ijo/journal/v34/n3/full/ijo2009266a.html