Vitamina C: una lunga storia

Il mito secondo il quale un’elevata assunzione di Vitamina C serva a ridurre la suscettibilità al raffreddore, ebbe origine negli Anni Settanta a partire dagli studi di Linus Pauling.

Studi successivi non hanno mai confermato tale ruolo protettivo per la popolazione generale. Tuttavia, la Vitamina C resta un micronutriente fondamentale per la salute umana. 

Grazie alla sua partecipazione nella risposta immunitaria e nella regolazione dell’infiammazione, la Vitamina C è stata oggetto di studio per quanto riguarda la prevenzione e il trattamento di numerose patologie.

Ad oggi sappiamo con certezza che l’integrazione con Vitamina C a scopo preventivo è di scarsa o nulla utilità per la popolazione generale.

Vi sono, tuttavia, alcuni gruppi di persone il cui fabbisogno di Vitamina C è più elevato. Gravidanza e allattamento sono, ad esempio, due condizioni fisiologiche che comportano un aumento del fabbisogno di Vitamina C.

Per quanto riguarda l’integrazione in prevenzione del comune raffreddore, risultati interessanti sono stati invece ottenuti sugli atleti sottoposti ad allenamenti di elevata intensità.

In questo sottogruppo è consigliata, in effetti, una integrazione con Vitamina C ad un dosaggio di 0.25-1 g/die, ma solo per limitati periodi.

Dati interessanti sul possibile utilizzo della vitamina C per la prevenzione delle infezioni riguardano, inoltre, soggetti anziani e/o con disturbi cardio-metabolici.

In questi pazienti la integrazione con Vitamina C potrebbe giocare un ruolo di controllo e modulazione della risposta infiammatoria, rappresentando quindi un potenziale fattore protettivo dalle patologie di natura virale, COVID-19 compresa.

Queste osservazioni preliminari, tuttavia, dovrebbero essere confermate da ulteriori trial randomizzati e controllati.

Anche se la somministrazione intravenosa di vitamina C potrebbe essere una terapia adiuvante in caso di sepsi grave e Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS) nei pazienti ospedalizzati in terapia intensiva, i suoi effetti sulla risposta all’infiammazione, sul tempo di ventilazione e sui tassi di mortalità rimangono ancora incerti.

I risultati da ulteriori trial randomizzati e controllati, soprattutto nei pazienti COVID-19, saranno nell’immediato futuro di fondamentale importanza.

In conclusione, a parte alcuni individui e condizioni specifiche sopra descritte, le prove attuali non sono sufficienti a supportare l’efficacia di una regolare integrazione con vitamina C per la prevenzione o il trattamento del comune raffreddore o della polmonite nella popolazione generale. 

Sebbene ci sia stato un aumento significativo delle vendite di vitamina C immediatamente dopo la dichiarazione dello stato di pandemia  globale, al momento non ci sono prove che l’integrazione con questa vitamina possa proteggere le persone dall’infezione di SARSCoV2.

Allo stato attuale delle conoscenze, gli operatori sanitari hanno la responsabilità di garantire che i pazienti dispongano di informazioni corrette riguardo la mancanza di dati a supporto dell’efficacia di questo supplemento.

Per approfondire: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fimmu.2020.574029/full

Dr.ssa Maria Luisa Fonte

Medico Chirurgo Specialista in Scienza dell’Alimentazione