Caffeina e sonno

La caffeina (in particolare sotto forma di caffè) è uno degli stimolanti più consumati al mondo: quasi ogni giorno il 90% degli americani adulti consuma bevande contenenti caffeina. Ci sono sia prove sostanziali che il consumo di caffeina migliora determinate prestazioni, e sia che l’astinenza da caffeina porta a deficit tanto a livello individuale (processi cognitivi, emotivi e comportamentali) quanto a livello sociale (es. aumento degli infortuni sul lavoro).

La caffeina (1,3,7-trimetilxantina), in particolare sotto forma di caffè, è diventata uno degli aiuti ergogenici più consumati e distribuiti geograficamente ed è classificata come lo stimolante più consumato al mondo. Negli Stati Uniti, ad esempio, il 90% degli adulti consuma bevande contenenti caffeina (ad es. caffè, tè, coca cola, e altre bevande energetiche) quasi quotidianamente con un consumo medio di 200 mg / giorno.

È molto difficile fare degli studi su soggetti che consumano caffeina, e molto di più lo è farlo su soggetti che non la consumano in apparenza, ma che assumono bevande energizzanti, ignorando la presenza della caffeina stessa.

La popolarità della caffeina è veicolata non solo dal gusto e dall’aroma, dato che è un additivo comune nella dieta moderna, ma anche dalla sua reputazione di stimolante.

Uno studio di Desbrow e Leveritt del 2007 evidenzia che la caffeina migliora sia la resistenza che la concentrazione in atleti agonisti.

Farmacologicamente, la caffeina è un antagonista del recettore dell’adenosina. In quanto tale, sembra che gli effetti della caffeina sulle prestazioni si verifichino in gran parte attraverso il suo legame ai recettori dell’adenosina. Agisce principalmente sui recettori A1 e A2A, che a loro volta sono correlati alle funzioni cerebrali che regolano sonno, eccitazione e cognizione. La caffeina viene assorbita in modo efficiente e rapido dallo stomaco e dall’intestino tenue, con livelli plasmatici di picco che si verificano nei primi 30 minuti. Ha un’emivita altamente variabile, che va da 2 a 10 ore, dipendenti da fattori endogeni ed esogeni. L’uso di nicotina, ad esempio, può aumentare la velocità metabolica della caffeina fino al 50%. Questa breve emivita, tuttavia, può consentire un uso strategico della caffeina: migliorare quindi il funzionamento diurno con un impatto sulla qualità del sonno che potrebbe essere previsto e mitigato.

Gli effetti residui, tuttavia, possono essere significativi. Shi et al nel 1992 hanno dimostrato che possono volerci fino a 20 ore (o l’equivalente di quattro o cinque emivite) affinché gli effetti della tolleranza alla caffeina svaniscano.

La caffeina si trova in una giustapposizione insolita rispetto alle prestazioni umane: ha chiaramente il potenziale per migliorare le prestazioni, ma tra i suoi effetti collaterali noti vi sono la privazione del sonno, che comporta un rischio di deficit di prestazioni. 

Se il consumo di caffeina non viene regolato saggiamente durante il primo giorno, ne conseguirà la privazione del sonno e si verificheranno deficit di prestazioni durante il giorno successivo. Il consumo di caffeina durante il giorno provoca una riduzione della 6-sulfatossimossimelatonina (il principale metabolita della melatonina) nella notte successiva, che è uno dei meccanismi con cui il sonno viene interrotto. Dato che il numero di americani che dormono meno di 6 ore a notte è aumentato dal 13% al 20% dal 1999 al 2009, il consumo diffuso di caffeina può avere implicazioni sociali ampie.

È noto che la privazione del sonno porta a significativi decrementi nella funzione cognitiva, inclusi intervalli di attenzione, vigilanza e velocità delle risposte cognitive e psicomotorie. Studi di laboratorio dimostrano che un deficit nel sonno notturno di appena 90 minuti per un solo minuto la notte può ridurre di un terzo la vigilanza oggettiva diurna.

Sono anche implicati processi di ordine superiore, tra cui riduzione del controllo cognitivo, interruzione della capacità di pianificazione, comportamento scorretto etico, aumento dell’assunzione di rischi, stile di leadership alterato e forse anche creatività ridotta. Alcuni di questi cambiamenti di ordine superiore sono spiegabili dal punto di vista delle neuroscienze: la privazione del sonno compromette il funzionamento del cervello nella corteccia prefrontale, associata al controllo esecutivo sul comportamento. La relazione sembra essere mediata in modo significativo dalla glicemia poiché la privazione del sonno riduce il tasso di attività metabolica del glucosio nella corteccia prefrontale. Tutto questo spiega come mai i crimini e la perdita di controllo siano più frequenti la sera, rispetto alla mattina. Al contrario, un sonno di buona qualità sufficiente sembra favorire le prestazioni cognitive e fisiche che possono essere correlate alla funzione metabolica cerebrale.

Il sonno non ottimale può anche avere impatti negativi sui processi sociali: può ridurre la capacità degli individui di riconoscere le emozioni nelle espressioni facciali altrui e aumenta la reattività emotiva, inclusa una maggiore probabilità che agli stimoli neutri venga assegnata una valenza emotiva negativa.

Il fatto che la caffeina sia reputata uno stimolante, fa sì che spesso venga assunta da soggetti affaticati, ma in realtà è implicata nel causare affaticatimento.

I ricercatori hanno scoperto che sentirsi stanchi al mattino porta a un elevato consumo di caffeina, che a sua volta è associato ad alterazioni del sonno successive, si parla quindi del cosiddetto “ciclo del caffè”. Drake et al hanno esaminato l’effetto di 400 mg di caffeina (l’equivalente di 4 tazze) sui soggetti partecipanti allo studio, e hanno scoperto che le dosi anche 6 ore prima di coricarsi disturbavano significativamente il sonno rispetto ai placebo.

Landolt et al hanno studiato il ruolo della caffeina nella regolazione del sonno: ai partecipanti sono stati  somministrati 200 mg di caffeina al mattino presto (7:00) e quindi poi sono stati monitorati mediante elettroencefalografia. È stato osservato che i livelli di caffeina nella saliva aumentano di 1 ora dopo l’assunzione, scendendo a meno di un quinto di quel livello (3 µmol / L) 16 ore dopo. 

Gli autori hanno concluso che, in condizioni sperimentali, sia l’efficienza del sonno che il tempo totale di sonno erano significativamente ridotti, rispetto al placebo. La presenza di caffeina nel sistema nervoso centrale, però, riduce l’insorgenza graduale della sonnolenza associata a prolungati periodi di veglia.

È stato dimostrato che la sospensione della caffeina riduce le prestazioni sia nell’uomo che negli animali. Uno studio in doppio cieco del 1995 è stato eseguito eliminando improvvisamente caffeina da una dose media giornaliera di 235 mg, e i soggetti in questione hanno avuto mal di testa da moderato a grave, aumento dell’ansia e della depressione e riduzione della velocità di semplici compiti motori (ad esempio toccarsi le dita).

La letteratura suggerisce generalmente che la tolleranza alla caffeina si sviluppa con un uso prolungato. Tuttavia, Debrah et al nel 1995 hanno dimostrato che la tolleranza si sviluppa nella pressione arteriosa periferica ma non nel flusso sanguigno cerebrale, da cui è probabile che derivino i benefici in termini di prestazioni. Ciò suggerisce che alcuni dei benefici prestazionali della caffeina potrebbero essere sostenibili.

L’assunzione regolare di caffeina aumenta il numero di recettori dell’adenosina nel sistema nervoso centrale e il corpo risponde a una riduzione dell’assunzione di caffeina riducendo il numero di recettori dell’adenosina stessa, e questo è un processo che può richiedere giorni. Lara nel 2015, per esempio, osserva che anche l’astinenza breve è accompagnata da sintomi di astinenza (nel caso specifico peggioramento dell’umore).

Nel complesso, l’evidenza suggerisce che l’ingestione di caffeina ha effetti positivi sul funzionamento fisico e cognitivo.

 

 

Dottoressa Stefania De Chiara

 

Per approfondimenti:

Desbrow B, Leveritt M. Well-trained endurance athletes’ knowledge, insight, and experience of caffeine use. Int J Sport Nutr Exerc Metab. 2007;17(4):328–339.

Wolk BJ, Ganetsky M, Babu KM. Toxicity of energy drinks. Curr Opin Pediatr. 2012;24(2):243–251.

Shi J, Benowitz N, Denaro C, Sheiner L. Population pharmacokinetic modeling pharmacodynamic modeling of caffeine-tolerance to pressor effects. Paper presented at: Clinical Pharmacology & Therapeutics Ninety-third Annual Meeting; March 18–20; 1992; Orlando, FL, USA.

Goel N, Rao H, Durmer JS, Dinges DF. Neurocognitive consequences of sleep deprivation. Semin Neurol. 2009;29(4):320–339.

Drake C, Roehrs T, Shambroom J, Roth T. Caffeine effects on sleep taken 0, 3, or 6 hours before going to bed. J Clin Sleep Med. 2013;9(11):1195.

Effects of Caffeine on Sleep Quality and Daytime Functioning Frances O’Callaghan  1 , Olav Muurlink  2   3 , Natasha Reid  ,PMID: 30573997,PMCID: PMC6292246,DOI: 10.2147/RMHP.S156404

Landolt HP, Werth E, Borbély AA, Dijk DJ. Caffeine intake (200 mg) in the morning affects human sleep and EEG power spectra at night. Brain Res. 1995;675(1–2):67–74.

Debrah K, Haigh R, Sherwin R, Murphy J, Kerr D. Effect of acute and chronic caffeine use on the cerebrovascular, cardiovascular and hormonal responses to orthostasis in healthy volunteers. Clin Sci. 1995;89(5):475–480.

Tieges Z, Richard Ridderinkhof K, Snel J, Kok A. Caffeine strengthens action monitoring: evidence from the error-related negativity. Brain Res Cogn Brain Res. 2004;21(1):87–93.