Sindrome da alimentazione notturna

La Night Eating Syndrome (NES o Sindrome da alimentazione notturna) è stata per la prima volta descritta da Stunkard nel 1955.

Dapprima venne riportata come peculiare pattern di alimentazione da parte di pazienti obesi. Fin dalle prime osservazioni, si ritenne che i pazienti affetti da Sindrome da alimentazione notturna avessero una peggiore prognosi in quanto non responsivi ai programmi di perdita di peso tradizionale. 

Attualmente la Sindrome da alimentazione notturna è un disturbo alimentare piuttosto sconosciuto e su cui la letteratura scientifica riporta poche informazioni per quanto riguarda diffusione e terapia.

A partire dalla pubblicazione della quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM 5), la Sindrome è stata inclusa nella categoria “Altri Disturbi Alimentari con Specificazione” e ne sono stati definiti i criteri diagnostici.

Secondo il DSM 5 la NES è caratterizzata da ricorrenti episodi di alimentazione notturna, che si manifestano mangiando dopo il risveglio dal sonno oppure attraverso l’eccessivo consumo di cibo ( > 25% delle calorie totali ingerite durante il giorno) dopo il pasto serale.

Sono inoltre presenti: consapevolezza e ricordo di aver mangiato, significativo disagio e/o compromissione del funzionamento (ad esempio: anoressia mattutina e/o insonnia).

L’alimentazione notturna non è meglio spiegata da influenze esterne come la modificazione del ciclo sonno-veglia dell’individuo oppure da norme sociali locali.

I pattern di alimentazione disordinata non sono attribuibili al Binge Eating Disorder o ad un altro disturbo mentale – compreso l’uso di sostanze – né ad altre patologie o all’effetto di farmaci.

Per quanto riguarda la prevalenza, i dati in letteratura sono molto discordanti, probabilmente a causa  dell’evoluzione nei criteri diagnostici.

Si stima una prevalenza dell’1.5% nella popolazione generale, con percentuali superiori in alcuni gruppi specifici. 

Le comorbidità più frequenti sono altri disturbi alimentari. Sono inoltre spesso presenti disturbi dell’umore, scarsa qualità del sonno e problemi metabolici quali intolleranza glucidica o diabete mellito tipo 2.

La con-presenza di obesità non è stata chiarita del tutto dai dati presenti in letteratura.

Per quanto riguarda infine il trattamento, le ultime review raccomandano un approccio multidisciplinare, dato che nessuna terapia intrapresa singolarmente è risultata efficace.

In conclusione, bisogna sottolineare l’importanza dell’inclusione della Sindrome da Alimentazione Notturna nel DSM 5.

In primo luogo ci si auspica una maggiore attenzione da parte del mondo scientifico con futuri studi che ne approfondiscano eziologia, caratterizzazione e terapia.

In secondo luogo ci si aspetta una più attenta analisi del comportamento alimentare da parte dei terapeuti che dovrebbero sempre indagare non solo il periodo di veglia ma anche e approfonditamente il sonno dei pazienti.

 

Dr.ssa Maria Luisa Fonte

Medico Chirurgo Specialista in Scienza dell’Alimentazione

 

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