tax-of-sugary-drinks-461x218La crescente evidenza degli effetti negativi sulla salute, dovuta  al consumo di bevande zuccherate, ha portato a programmare azioni d’urto per limitarne l’acquisto. Per attuare ciò esistono diverse opzioni: intensificare i controlli sulla commercializzazione di bevande zuccherate, imporre limiti sulle quantità commercializzate o aumentarne la tassazione sull’acquisto.

Nel Regno Unito, è vietata la distribuzione di queste bevande nelle scuole e la loro pubblicità durante i programmi televisivi per bambini. L’aumento del prezzo, attraverso imposizione fiscale, come accade con l’alcol e il tabacco, è un’altra delle opzioni recentemente vagliate.

Chiaramente, l’idea di una tassa sulle bevande dolcificate con zucchero è teoricamente interessante, ma il suo effetto sulla salute rimane incerto. Anche se l’aumento della tassazione sulle vendite dei soft drinks è stato associato tanto in Irlanda come in Francia ad una riduzione del consumo, gli effetti sulla salute non sono stati studiati nel dettaglio. Nessun effetto significativo sulla prevalenza dell’obesità è stato trovato negli USA, anche se probabilmente la tassazione è stata troppo blanda per poter avere un impatto sulla salute.

Una ricerca apparsa pochi giorni fa sul British Medical Journal, condotta dalle Università di Oxford e Reading, ha proposto un primo studio sul potenziale impatto di una tassa di questo tipo sulla popolazione del Regno Unito (econometric and comparative risk assessment modelling study).

Secondo il modello proposto, applicare una tassa del 20% costerebbe il 15% alle imprese in termini di calo di vendite, e consentirebbe di “salvare 180mila adulti dall’obesità”. Lo studio inoltre sottolinea come la tassazione inciderebbe in maniera più mirata ed efficace su un particolare gruppo della popolazione, ovvero quello dei giovani fino a 30 anni, i maggiormente esposti al consumo di bibite gassate, ma anche i più sensibili al cambio relativo ai prezzi, per questioni di reddito inferiore.

L’impatto sulla salute riguarderebbe sia una diminuzione pari all’1,3% delle persone in sovrappeso e un calo dello 0,9% del tasso di obesità, ma non solo.
Altri effetti positivi associati all’iniziativa potrebbero essere, per esempio, di tipo economico. Di “alleggerimento” di costi a carico del sistema sanitario nazionale e di un investimento più intelligente dei fondi, utilizzabili  per finanziare programmi di incentivazione al consumo di prodotti sani e da filiera corta.

Questo effetto di ridistribuzione non solo del reddito ma anche dei “valori alimentari” è un aspetto non certo secondario dell’azione, poiché potrebbe permettere di incidere, a lungo termine, sulle abitudini alimentari della popolazione ridimensionando in maniera incisiva il cosidetto junk food“.

Sara Tulipani

Riferimento bibliografico:

Briggs et al. Overall and income specific effect on prevalence of overweight and obesity of 20% sugar sweetened drink tax in UK: econometric and comparative risk assessment modeling study. BMJ 2013;347:f6189 doi: 10.1136/bmj.f6189

Etichette

alimentazione, salute